Il 19 giugno 2024 Enrico Riccobene ed io siamo andati, in rappresentanza della redazione, a trovare Alessandra Sarchi, autrice di tanti romanzi di cui ci siamo occupati in passato, di articoli e saggi (scritti anche per Arabeschi) e del recente Il ritorno è lontano, edito da Bompiani a marzo del 2024. Abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di poter discorrere con lei di molti temi: delle origini della sua vocazione letteraria; dei suoi romanzi più amati e degli autori e delle autrici che hanno segnato il suo percorso formativo; dei suoi film preferiti, come Picnic a Hanging Road (1975) di Peter Weir o La terrazza (1980) di Ettore Scola, della sua predilezione per registi come François Truffaut («per lo sguardo sull’infanzia, sull’adolescenza, sull’amore – il bianco e nero dell’amore che è una cosa così difficile da definire»), o come Fellini; dei suoi rapporti con i social media e della relazione fra letteratura e performance in particolare in riferimento alla sua collaborazione con l’attrice Federica Fracassi, insieme alla quale ha curato per il «Corriere della Sera» il podcast Vive! Storie di Eroine che si ribellano al loro tragico destino (i cui testi sono stati pubblicati da HarperCollins Italia nel 2023), dedicato alle eroine letterarie più famose di tutti i tempi come Didone, Francesca da Rimini, Anna Karenina, Albertine e altre.
Ci siamo soffermati a lungo sulla relazione fra parole e immagini - relazione che costituisce uno dei centri pulsanti della sua scrittura, nella quale convergono interessi e passioni legate alla sua formazione di storica dell’arte. Il plurimo talento di Sarchi, infatti, fa convivere la sua vena creativa generatrice di storie e le sue competenze di studiosa del patrimonio storico-artistico, e - per sua stessa ammissione - si alimenta dell’oscillazione fra astrazione della parole e concretezza materiale delle immagini. Disseminate di citazioni visuali e di frammenti ecfrastici, quali ad esempio il quadro di Primaticcio che raffigura Ulisse e Penelope e che viene descritto nell’Amore normale; gli acquerelli di Carol Rama citati ne La notte ha la mia voce; o ancora il dettaglio dell’uovo della Pala di Motefeltro di Piero della Francesca e le rifrazioni tematiche che questo riferimento pittorico assume ne Il dono di Antonia, le immagini si offrono spesso come precipitati del pensiero, sintesi particolarmente efficaci degli snodi della narrazione, folgoranti condensazioni delle verità più profonde a cui giungono i protagonisti e le protagoniste dei suoi romanzi.