Nel romanzo-saggio Il dono di saper vivere (2018), il personaggio protagonista della prima parte del libro ricorda di quella volta in cui, durante una gita scolastica alla Galleria Borghese a Roma, i compagni di classe si rendono conto improvvisamente della somiglianza tra il suo volto e quello del Bacchino malato (1593-94), estendendo il sarcastico soprannome con cui lo identificano, ovvero il Melanconia, anche al quadro di Caravaggio, nel quale il pittore si è autoritratto dopo una lunga malattia. L’ombra del pittore lo perseguita fin dall’adolescenza: si tratta di un rispecchiamento che è anche una condanna, perché tutte le scelte sbagliate del personaggio che narra la propria storia dalla galera sono in qualche modo legate alla figura del pittore lombardo, il Gran Balordo.
Senza confondere questo personaggio con la biografia dell’autore, è possibile affermare che Tommaso Pincio – pseudonimo di Marco Colapietro – sia da sempre ossessionato dalla figura di Caravaggio, alla ricerca della radice profonda della sua arte, di quello sguardo sul mondo intriso di originalità e malinconia. Tale ossessione è in realtà l’emblema di quella più ampia che lo scrittore nutre nei confronti dell’immagine pittorica, che caratterizza tutta la sua opera dagli esordi narrativi fino agli esiti più recenti: la complessa e mai pacificata relazione tra arte e letteratura è il fulcro della sua scrittura. Di certo, grazie alla formazione ricevuta presso l’Accademia di Belle Arti di Roma egli possiede una conoscenza puntuale delle differenti tecniche artistiche che – pur avendo rinunciato alla strada della pittura – incide significativamente sul suo modo di guardare l’arte e il mondo circostante. Inoltre, va aggiunta l’esperienza lavorativa tra gli anni ’80 e ’90 presso le sedi di Roma e New York della Galleria d’arte internazionale di Gian Enzo Sperone, il gallerista torinese che ha avuto il merito di promuovere alcuni tra i più significativi movimenti artistici italiani del secondo Novecento, quali l’Arte Povera – così definita da Germano Celant – e la Transavanguardia – ideata da Achille Bonito Oliva. Pincio si trova a frequentare artisti italiani e internazionali, sperando di poter fare parte di quel mondo, ma allo stesso tempo comincia a scrivere d’arte, elaborando un proprio stile di scrittura tra critica d’arte e narrativa.