Mentre i primi illustratori di Pinocchio, Mazzanti (1883) e Chiostri (1901), tendono a rappresentare la Fata come una donna comune, intensificando il processo di naturalizzazione del fantastico già in atto nel testo, gli illustratori successivi cercano di fare emergere altri aspetti di questo personaggio così eclettico, che si presta alle più svariate rappresentazioni e interpretazioni. Attilio Mussino, ad esempio, nella prima edizione a colori di Pinocchio (1911), si serve proprio del colore per fare emergere il fantastico, con una punta di ironia, disegnando in alcune immagini una Fata interamente azzurra, pronta però ad assumere forme e cromatismi diversi a seconda delle situazioni. Altri illustratori, come Luigi e Maria Augusta Cavalieri (1924) o Vittorio Accornero (1942), esaltano l’atmosfera magica e fiabesca della prima apparizione della Fata, ricorrendo all’iconografia tradizionale in cui le fate indossano cappelli a punta e lunghi abiti lussuosi. Questa Fata di straordinaria bellezza può addirittura assumere le sembianze di una diva del cinema nelle immagini di Bernardini (1924), Bianchi (1926) o Cervellati (1946).
Lontane dall’atmosfera magica o dal divismo cinematografico sono invece le immagini di Sto (Sergio Tofano, 1921), Angoletta (1951) e Jacovitti (1945 e 1964, escluse le versioni a fumetti), che inscenano una versione comica o parodica della Fata. Nel Pinocchio di Sto – l’inventore del signor Bonaventura – la Fata è personaggio secondario, che compare solo due volte: la prima come presenza angelica dall’abito bianco, ma vista da dietro, la seconda come donna comune che regge la brocca sulla testa mentre rivolge uno sguardo di rimprovero a uno sgomento Pinocchio [fig. 1a]. Bruno Angoletta, il creatore della recluta Marmittone, disegna una Fata boccoluta dalle labbra pitturate, un po’ diva ma in versione casalinga, che indossa un abitino con maniche corte a sbuffo e colletto inamidato [fig. 1b]. Ma è Jacovitti a distanziarsi dalle immagini più seriose del personaggio, disegnando una Fata decisamente brutta che pure nel suo palazzo con candelabri e colonne tortili indossa un grembiulino bianco [fig. 2]: per fare diventare donna comune quella fata ordinaria, gli basta sistemare la sua coroncina di fiori a ornamento di un buffo cappello.
La Fata può apparire dolce e rassicurante, ma anche inquietante o persino ostile, per il segreto legame con la morte che la caratterizza. La versione rassicurante, che risale a Mazzanti, è riproposta soprattutto nelle edizioni di Pinocchio per i più piccoli, come quella illustrata da Pina Totoro (1964), in cui si trova una Fata con corpo di donna ma viso da bambina, sorridente e con le gote rosa [fig. 3]; o quella con le immagini gioiose e coloratissime di Attilio Cassinelli (1981), che coi suoi arditi incastri geometrici raffigura una Fata ridente [fig. 4], soltanto un po’ corrucciata nelle situazioni più gravi. La Fata di Beppe Porcheddu (1942), nonostante l’aspetto apparentemente freddo, è incline a sorrisi amorevoli e a gesti di tenerezza, in questo Pinocchio dalla tavolozza cromatica povera come povero è il mondo in cui vivono suoi personaggi, caratterizzati da una forte partecipazione emotiva. Accogliente e materna è anche la Fata di Lorenzo Mattotti (1991), che abbraccia e accarezza un Pinocchio sorridente e compiaciuto [fig. 5a]; così come tenera e protettiva, con quel suo corpo che pare allungarsi per difendere il burattino, è quella delle immagini delicate, soffuse e sognanti di Nicoletta Ceccoli (2001) [fig. 5b]. Il rapporto affettivo tra Pinocchio e la Fata è fondamentale, inoltre, per Roland Topor (1972), che nelle sue illustrazioni dal tratteggio ottocentesco lo declina però in senso edipico.
Un caso a parte è la Fata di Emanuele Luzzati (1996), la quale compare significativamente anche in copertina mentre tiene il burattino in grembo: i suoi grandi occhi azzurri sbarrati e il suo sorriso stampato sono quelli di un burattino, perché anche lei, come Pinocchio, fa parte dello spettacolo messo in scena in questa specie di scatola teatrale. Solo alla fine, nel ritratto di famiglia che imita una foto d’epoca, la Fata compare con un aspetto realistico e un abbigliamento borghese, accanto a un Geppetto con barba e baffi e al bambino che Pinocchio è diventato (mentre, davanti alla fotografia, siede come un soprammobile il burattino). All’opposto di questa Fata fantastica si trova quella di Cecco Mariniello (1998): nell’edizione ‘documentaristica’ da lui illustrata, corredata da foto d’epoca e didascalie volte a illustrare il contesto storico, realizzate con la consulenza di Fernando Tempesti, non c’è spazio per il meraviglioso, tanto che la Fata è privata persino della sua chioma blu, sostituita da una più verisimile capigliatura nera dalle sfumature bluastre [fig. 6a]. Nelle sue tavole solo recentemente pubblicate (2011), Ferenc Pintér dipinge una Fata in abiti borghesi, realistica e al contempo surreale per quel suo abito di un azzurro intenso su cui si riflette caleidoscopicamente la luce [fig. 6b]; un azzurro che si stempera solo nell’immagine finale, in cui la Fata è riconoscibile in un ritratto appeso alla parete della stanza nella quale, alla fine del romanzo, Pinocchio appare trasformato in bambino.
Inquietante e sinistra è invece la Fata che Roberto Innocenti (1990 per l’edizione francese e 1991 per quella italiana), con la sua consueta attenzione per il dettaglio, ci mostra per la prima volta alla finestra di una casa apparentemente abbandonata; pallida ed emaciata, ha un aspetto cadaverico, e quando opta per un abbigliamento castigato pare un’istitutrice uscita da qualche romanzo gotico. Giancarlo Montelli (2002) immagina una Fata pericolosamente seducente, incarnazione della «Normatività maternale» (come si legge nell’introduzione di Mario Lunetta), che col suo stesso corpo imbriglia la volontà di movimento di Pinocchio [fig. 7]. Con pochi tratti essenziali e incroci geometrici, Guido Scarabottolo (2010) disegna una Fata metafisica, completamente azzurra, come azzurra appare la sua casina notoriamente bianca; una Fata astratta e distante che non ricomparirà più nelle pagine seguenti di questo Pinocchio dalla cupa e desolata malinconia.
Un certo imbarazzo pare avere suscitato negli illustratori la trasformazione della Fata da bambina a donna: in quasi tutti i volumi qui presi in considerazione, infatti, la Fata appare fin da subito adulta. Tra le eccezioni è da segnalare quello illustrato da Leonardo Mattioli (1955), che mostra una Fata bambina con la frangetta affacciata alla finestra [fig. 8a], mentre delinea solo in modo vago, con i consueti colori freddi e lividi, la «buona donnina» vista attraverso una finestra. Chi invece ha dedicato particolare attenzione all’evoluzione della Fata, disegnandola bambina, adolescente e adulta, è Massimiliano Frezzato (2009), che col suo eclettismo stilistico ispirato ai modelli più diversi, da Manara a Disney e ai manga, ha ben saputo rappresentare la mutevolezza e la versatilità di questo personaggio [fig. 8b], riproponendo in chiave contemporanea la lezione di Mussino.
Edizioni di riferimento
C. Collodi, Pinocchio, illustrazioni di Sto, Firenze, Giunti Marzocco, 1981.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, illustrazioni di B. Angoletta, Milano, Garzanti, 1971.
C. Collodi, Pinocchio, illustrazioni di Jacovitti, Roma, Stampa alternativa Nuovi equilibri, 2001.
C. Collodi, Pinocchio, illustrazioni di P. Totoro, copertina di R. Sgrilli, Bologna, Capitol, 1964.
C. Collodi, Pinocchio, illustrazioni di A. Cassinelli, Firenze, Giunti Marzocco, 1981.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, illustrazioni di B. Porcheddu, Torino, Paravia, 1942.
C. Collodi, Pinocchio, illustrazioni di L. Mattotti, Milano, Rizzoli, 19991.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, illustrazioni di N. Ceccoli, Milano, Mondadori, 2001.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, illustrazioni di R. Topor, Milano, Olivetti, 1972.
C. Collodi, Pinocchio, illustrazioni di E. Luzzati, Milano, Nuages, 2002.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, illustrazioni di C. Mariniello, Casale Monferrato, Piemme junior, 1998.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, illustrazioni di F. Pintér, Torino, Lo Scarabeo, 2011.
C. Collodi, Pinocchio. Storia di un burattino, illustrazioni di R. Innocenti, Trezzano sul Naviglio, La Margherita Edizioni, 1991.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, illustrazioni di G. Montelli, con una prefazione di M. Lunetta, Roma, Odradek, 2002.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, illustrazioni di G. Scarabottolo, Pina di Scò, Prìncipi & Princípi, 2010.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, illustrazioni di L. Mattioli, Firenze, Edizioni Clichy, 2013.
C. Collodi, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, illustrazioni di M. Frezzato, Grifo Edizioni Di, 2009.
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Si ringrazia il personale della biblioteca Sala Borsa Ragazzi di Bologna e della biblioteca Pacchi di Castelnuovo di Garfagnana (LU).