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  • Barbablù. Il mito al crocevia delle arti e delle letterature →

 

 

Le ricerche sulla presenza di Barbablù in area lusofona compiute fino a questo momento non hanno dato un esito molto incoraggiante. In effetti, nonostante il tema del marito violento sia più volte visitato, dalle prime testimonianze poetiche galego-portoghesi fino all’attualità, la letteratura lusofona colta e popolare ha fatto raramente ricorso alla figura di Barbablù in modo diretto, cioè con questo nome e con questa caratteristica, preferendo attingere a tradizioni considerate parallele dalla critica e non proponendo riscritture particolarmente significative. Ho potuto registrare qualche riferimento intertestuale, tra cui, per esempio, quello del pluripremiato romanziere António Lobo Antunes, il quale, nel titolo del suo ventinovesimo romanzo, A última porta antes da noite (2018), rimanda all’opera Il castello del principe Barbablù di Béla Bartók e Béla Balázs via George Steiner. Lobo Antunes aveva già usato il motivo ‘barbabluesco’ dell’infrazione del divieto di varcare la soglia nel suo quattordicesimo romanzo Não entre tão depressa nesta noite escura (2000), nel quale la protagonista trasgredisce al divieto di entrare in soffitta, venendo così a conoscenza dei segreti del padre moribondo. Più diretto riferimento a Barbablù è, invece, il microracconto della scrittrice italo-brasiliana Marina Colasanti De um certo tom azulado (in Contos de amor rasgado, 1986), nel quale, tuttavia, il ribaltamento comico della conclusione disinnesca il potenziale terrifico del marito uxoricida (dietro la porta segreta vi sono le ex-mogli che attendono l’ultima consorte per una partita di burraco).

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