La mia versione del Canto V dell’inferno dantesco viene pubblicata nel 1991 dalla Cooperativa del Raccolto, in una tiratura di duecentotrenta copie numerate e «con una litoserigrafia di Gianfranco Baruchello richiesta dal poeta». Le occasioni storico-contestuali della riscrittura portiana, ultimata il «14.8.1984», sono state pazientemente ricostruite da Alessandro Terreni grazie alla corrispondenza intrattenuta da Porta con il poeta olandese Martin Mooij (Terreni 2014, p. 551). Dall’epistolario portiano apprendiamo che, durante la quindicesima edizione del «Poetry International Festival» di Rotterdam (nel giugno del 1984), gli organizzatori avevano riservato una serata alla letteratura italiana, coinvolgendo personalità del calibro di Edoardo Sanguineti, Amelia Rosselli, Franco Fortini e Giuseppe Conte – come si può verificare consultando l’Archivio storico del Festival. Nel corso di questa soirée nazionale, gli autori non erano tenuti soltanto a declamare i propri versi, ma anche a partecipare attivamente a un laboratorio di traduzione poetica, incentrato monograficamente sul quinto canto della Commedia. In particolare, Porta era intervenuto nel dibattito conclusivo facendosi alfiere della necessità pedagogica di tradurre Dante anche per il lettore italiano contemporaneo.
In una nota programmatica intitolata Perché tradurre Dante (1985), Porta illustrerà le direttrici linguistiche e ideologiche che hanno determinato lo stile dell’esercitazione traduttoria realizzata l’anno precedente, all’insegna di una ritrovata comunicabilità del messaggio dantesco, alleggerito dall’«oppressione del secolare deposito delle interpretazioni solidificato nelle sempre più monumentali ‘note al testo’» (ivi, p. 552). L’esigenza di ‘snellire’ il vocabolario della Commedia può essere ascritta a una precisa querelle storica, che eccede il perimetro del festival olandese. Nel 1985 esce significativamente la nuova edizione dell’Inferno curata da Natalino Sapegno, nelle cui Avvertenze viene esplicitato l’intento di fornire «immediatamente il senso» dei versi danteschi anche al «lettore principiante». L’apparato (agile e informativo) deve mettere il lettore nella condizione di «valutare il peso di una secolare ed ininterrotta tradizione esegetica» (Sapegno 1985, p. v), indispensabile per garantire l’assimilazione della parola dantesca da parte della «sensibilità estetica di oggi» (ivi, p. xv).