Pietra dura se sei cosa che cura
libera me dal male e dalla mia paura
pietra dura tu sai cos'è che cura
insegnami a capire aiutami a vedere
cosa conta davvero
che cos'è che conta davvero
Üstmamò, «Cosa conta»
1. Il «cinema della transizione»
Nel volume dedicato al cinema degli anni Novanta della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro il curatore, Vito Zagarrio, definisce i film prodotti in questo decennio come «cinema della transizione» (2000). Zagarrio suggerisce inoltre un modo diverso per codificare questa produzione partendo da un punto di vista essenziale: parlare di film e non di cinema, poiché queste produzioni non sono più realizzate da un’industria ma da entità distinte in modalità alternative, non riconducibiili solo a prassi e strategie del duopolio RAI/Medusa. Secondo Zagarrio in questi film avviene definitivamente il «ricambio generazionale» di autori e registi in una «ricomposizione del cinema per aree geografiche», che porta alla «creazione di un nuovo immaginario collettivo legato alla provincia italiana o a paesaggi urbani inconsueti rispetto alla tradizione» (ivi, p. 14). Sono film che attingono a piene mani dalla letteratura e che sono influenzati dalla televisione, rivendicando l’esistenza di «una generazione “nuovissima” (formatasi col computer e col videogame senza punti di riferimento ideologici o politici), che popola gli schermi e che propone/impone i suoi romanzi di formazione» (ivi, p. 17). Nei film avviene quella «irruzione della Storia» (ibid.) che, nello stesso volume, Mino Argenitieri identifica con l’essere «[in connessione] a uno scenario sociale» (p. 75) in cui di rado si realizzano «incursioni nel passato remoto e prossimo» (p. 77).