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la mescolanza delle due cose infastidisce, è un'incrinatura, un turbamento della forma, dello stile.

P.P. Pasolini, La forma della città

 

Pier Paolo Pasolini a Sana’a di fronte le mura della città vecchia osserva i luoghi scelti come set di Alibech, unico episodio (peraltro poi non confluito nel montaggio finale) del Decameron non girato nel napoletano. Il 18 ottobre 1970, l’ultima domenica che avrebbe trascorso con la troupe nello Yemen del sud, con un po’ di pellicola avanzata dalle riprese e con le ultime energie residue («energia e forza fisica mi son bastate, o perlomeno le ho fatte bastare – dirà poi il regista al Corriere della Sera – ci tenevo troppo a girare questo documento») gira un cortometraggio in forma di appello all’UNESCO per la salvaguardia della città: Le mura di Sana’a.

Prodotto da Franco Rossellini, con la fotografia di Tonino Delli Colli e l’aiuto al montaggio di Tatiana Casini Morigi, il film è una sorta di reportage poetico, mandato in onda dalla Rai all’interno della rubrica boomerang il 16 febbraio del 1971 (in una forma embrionale in cui mancavano le sequenze su Orte e Sabaudia) e proiettato poi al Cinema Capitol di Milano in occasione dell’anteprima de Il Fiore delle mille e una notte (1974), opera per la quale Pasolini era tornato a Sana’a per girare le scene dell’episodio di Aziz e Aziza. Le due sequenze sulle città di Orte e Sabaudia verranno aggiunte dopo che Pasolini realizzerà insieme al regista Paolo Brunatto La forma della città (1974), per una trasmissione Rai (Io e...) curata da Anna Zanoli, una storica dell’arte della cerchia di Roberto Longhi.

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