Categorie



Questa pagina fa parte di:

  • Arabeschi n. 15→

Ecce Video. Tv e letteratura dagli anni Ottanta a oggi di Costanza Melani e Monica Venturini (Firenze, Franco Cesati, 2019) si situa nell’ambito degli studi sul rapporto tra parola e immagine prendendo in esame il tema della televisione nella letteratura italiana, ma anche quella che si potrebbe definire la ‘televisionizzazione’ della scrittura letteraria, legata alla sua progressiva assimilazione di modalità televisive di racconto; non poche pagine, inoltre, sono dedicate alle riscritture televisive della letteratura e alle nuove frontiere della serialità, secondo un articolato approccio intermediale che il volume condivide, ad esempio, con gli atti del convegno catanese del 2013 Una vernice di fiction. Gli scrittori e la televisione (a cura di Stefania Rimini, Catania, Duetredue, 2017).

Dopo la prefazione di Stefano Bartezzaghi, che mette a fuoco l’odio dei letterati non tanto verso «la tv quanto verso le ragioni per cui ci tratteniamo dentro a ciò che più diciamo di odiare» (p. 12), nella Breve – ma fondamentale – premessa Melani e Venturini preannunciano che il discorso sarà di necessità inserito in un più ampio quadro comparatistico cui fa da traino la letteratura statunitense. A partire dagli anni Sessanta, infatti, autori come John Updike, Don DeLillo, Thomas Pynchon hanno saputo magistralmente raccontare la televisione mettendo in evidenza, in maniera realistica o surreale, come essa non sia «solo un elettrodomestico da guardare, ma […] una delle componenti ineludibili della vita, […] un fornitore di storie, di sogni, di ambizioni, di desideri, di immagini» (p. 97), e pertanto un formidabile strumento di potere e di costruzione dell’immaginario. In particolar modo, le studiose fanno leva sulla riflessione di David Foster Wallace per impostare la cornice teorica del volume, specie quando l’autore di Infinite Jest colloca verso la metà degli anni Ottanta la nascita di un nuovo tipo di narrativa postmodernista, la image fiction: gli scrittori progressivamente metabolizzano l’estetica dello zapping e la post-realtà entra nella fiction nei termini (tematici) di un’opacizzazione della differenza tra reale e mediale, come si vede esemplarmente in Glamorama di Bret Easton Ellis (1998).

* Continua a Leggere, vai alla versione integrale →