trascrizione, traduzione dal tedesco e cura di Serena Grazzini
Nota alle immagini: I curatori della Galleria ringraziano Salomon Bausch e la Pina Bausch Foundation per la gentile concessione all’utilizzo delle immagini di repertorio. Le immagini sono coperte da copyright ed è vietato il loro riutilizzo.
Elena Randi: La prima domanda, che rivolgo esplicitamente a Jan Minarik, riguarda la modalità di lavoro seguita durante le prove del Blaubart. Nella creazione di questa pièce, Pina Bausch ha già cominciato, almeno in parte, a porre ai danzatori e alle danzatrici le sue domande tipiche, sulla base delle quali voi proponevate poi i vostri studi?
Jan Minarik: Sì, cominciavamo innanzitutto a elaborare il tema. Partivamo da singole domande che elaboravamo insieme, da questioni che ritenevamo interessanti e che ci toccavano. Le domande, però, non provenivano solo da Pina. Anche noi danzatori e danzatrici esprimevamo le nostre opinioni e ponevamo le nostre domande. Allo stesso modo, anche noi proponevamo i nostri temi. A quel punto iniziavamo a trasformare le opinioni e i temi in movimenti. Questa collaborazione e questo processo collettivo di elaborazione dei temi e delle domande che ci riguardavano da vicino si è sviluppato sempre più e, successivamente, ha caratterizzato tutti gli altri spettacoli di Pina Bausch. Alla fine di questo processo di elaborazione Pina selezionava, scegliendo ciò che avrebbe potuto utilizzare a livello artistico. Aveva un modo assolutamente peculiare, tutto suo, di lavorare sui diversi temi. Cominciava infatti a creare a una pièce non immaginando un inizio, bensì partendo dal cuore dei temi e della loro rielaborazione da parte nostra. Il processo creativo, quindi, non procedeva in modo consequenziale da un inizio verso una fine, piuttosto partiva dal centro, e da lì si muoveva poi verso un inizio e verso una fine.