…in verità non siamo che immagini e somiglianze; artificio, simulacro, imitazione, copia, eco, invenzione, arte, falsità.
Max Aub
«Io sono un voyeur. Penso che qualsiasi fotografo sia un voyeur: che faccia fotografie erotiche o altro è comunque un voyeur. Si passa la vita a guardare attraverso un buco della serratura. Se un fotografo dice di non essere un voyeur è un idiota» (Newton, Grafis 1989). Non c’è risposta migliore, alla sfacciata provocazione di Helmut Newton, della mostra di Nan Goldin, che esibisce fin dal titolo l’idea che la fotografia consista innanzitutto nell’esercizio del guardare. Il recupero della dizione arcaica “scopophilia” (“amore per il guardare” ma anche “perversione sessuale”) intende ribadire la centralità del desiderio come traccia e forma della sua scrittura, da sempre votata al racconto per immagini delle zone più recondite del ‘sentire’ dei personaggi, figure di un eros instabile, pulsante, a tratti persino ‘indecente’ (si pensi alla potenza di The Ballad of Sexual Dependence).
Il progetto Scopophilia nasce per effetto di un sistematico e appassionato pellegrinaggio al Louvre: per molti mesi, ogni martedì – giorno di chiusura al pubblico – Goldin visita le stanze e fotografa, catturando attraverso l’obiettivo la cifra segreta dei grandi capolavori dell’arte. Il contatto ravvicinato con le opere rende possibile una straordinaria messa a fuoco di segni e dettagli, da cui scaturisce l’idea di accostare ai quadri e alle statue immagini vecchie e nuove del suo vivido catalogo di soggetti. L’esito di tale corpo a corpo è una rete di sorprendenti rime visuali, di citazioni, di pose, un sistema di somiglianze che toglie il fiato, per la forza inedita degli accostamenti, e rimette in discussione il concetto stesso di imitazione.
Dopo l’inaugurazione nel dicembre del 2010, e una fortunata circuitazione internazionale, l’esposizione fa tappa a Roma, presso la Gagosian Gallery (13 marzo-27 giugno 2014), con un allestimento in parte ripensato per la nuova destinazione.
La concentrazione dello spazio favorisce la piena immersione dentro l’orizzonte narrativo di Goldin, fatto di ‘reticoli’ fotografici in grado di cristallizzare motivi canonici della tradizione figurativa: occhi, veli, chiome, abbracci, figure di schiena o allo specchio. Dentro ogni pannello le soglie che legano insieme gli scatti (di diversa ‘grana’ e provenienza) declinano verso una progressiva rarefazione dei legami e delle corrispondenze reciproche.
Nella sala d’ingresso si viene subito investiti da una complessa trama di occhi, che pone le premesse di una sensuale odissea visiva. Eyes cuce insieme ritagli disparati: pupille dilatate, corpi in transito verso l’ebbrezza, volti segnati dal desiderio, statue accese da vibrazioni segrete. Non ci sono gerarchie tra uno scatto e l’altro, il montaggio incrocia le tessere secondo un disegno multifocale, che affida al visitatore il compito di decifrare le tracce del piacere, nonché gli indizi dell’acceso contatto – pelle contro pelle – tra artista e soggetto ritratto. È evidente già da questo primo collage policromatico che per Goldin «fare una fotografia è un modo di toccare qualcuno, è una carezza, è accettazione» (Grazioli, Mondadori 1998) ma solo percorrendo l’intero itinerario si raggiunge la vertigine, e l’abisso, della scopofilia.
La sala più ampia è un ovale bianco, una sorta di conchiglia aperta, avvolgente: quasi un grembo di luce. La parete di fondo accoglie una serie di tableaux che sprigionano una forte carica emotiva, e disegnano associazioni binarie, scandite da un preciso sistema di figure retoriche. Hair e Veils tematizzano l’azzardo seduttivo delle chiome; in entrambi i casi al centro dello sguardo c’è un sottile gioco di nascondimenti e rivelazioni, in cui il corpo è superficie che riflette e mima istanti di irripetibili attrazioni.
Un’altra coppia di ‘griglie’ evoca fantasmi di seduzioni e inganni, gioiosi amplessi e feroci abbandoni. Odalisque è un inno alla nudità femminile, alla morbidezza sensuale delle curve; ogni scatto è una provocazione, un invito a perdersi tra cosce, seni, e fianchi. L’archetipo della femme fatale si accende grazie a una scala degradante di toni e tinte, che Goldin orchestra con sguardo febbrile. Se Odalisque costituisce una suite di corpi esposti alla vista, The Back è invece una mappa di figure di schiena, che sembrano negarsi alla luce, forse perché offese da troppo (o troppo poco) amore. C’è una strisciante mestizia in queste pose, nei muscoli contratti, nelle teste reclinate, come se improvvisamente qualcosa si fosse schiantato, e non restasse ai personaggi altra via che l’ombra.
Ci sono altre tessere dentro il labirintico giardino delle delizie immaginato da Goldin, ma quel che conta davvero è constatare come il filo rosso sia il piacere della contemplazione, la pulsione desiderante dello sguardo-diaframma, capace – come di consueto nello stile dell’artista – di mettere in relazione operator e spectrum, secondo un’idea ‘affettiva’ della fotografia messa in campo già da Man Ray (si ricordino i suoi Oggetti d’affezione) e poi via via declinata per tutto il Novecento (e oltre).
La cristallina compostezza delle griglie si scioglie nello slide show – formula ormai celebre della scrittura visuale di Goldin – che rappresenta l’acme dell’esposizione. In appena 35 minuti, l’artista allinea, secondo un montaggio fluido e mai banale, una serie di foto che proseguono il gioco di rime e dissonanze già sperimentato dentro i reticoli dei quadri. La densità compositiva della griglia cede il passo alla trasparenza del cine-racconto, vivificato da una struggente partitura musicale e a tratti scandito dal commento off della stessa Goldin. È il ‘tra’ a sancire lo slittamento di senso della sua fotografia, quel che si deposita tra un’immagine e l’altra. La lezione dell’autrice è rendere visibile l’invisibile, incarnare la deriva dei sentimenti attraverso la seducente esibizione della fisicità. La potente immaginazione dell’artista fa sì che il guardare raggiunga una sorta di «iconic spirituality» (Goldin, Arte 2014): l’intimità della carne è grido, supplica, consolazione.