Una ricognizione dei titoli di testa dei film italiani realizzati tra gli anni Cinquanta e Settanta mette in evidenza la presenza femminile in una serie di campi attorno al reparto della produzione. Dalla situazione tutta maschile nel finire degli anni Quaranta cominciano a comparire nomi di donne. Il ruolo di segretario di edizione viene pian piano femminilizzato. Pochi i nomi di donna tra le qualifiche di direttore di produzione e ispettore di produzione.

Le rare dichiarazioni di lavoratrici nel campo dello spettacolo, commentando il basso tasso d’occupazione negli anni Sessanta e Settanta, denunciano una condizione sfavorevole rispetto ai colleghi, motivata dalla tensione tra due polarità: se congedi matrimoniali e maternità vengono riconosciuti dalle aziende come fattori determinanti per i vari gradi d’occupazione, per le qualifiche più alte è l’istruzione e in particolare l’istruzione professionale a essere un dato di svantaggio imposto (Bellumori 1972); saranno solo due le donne iscritte al corso di produzione al Centro Sperimentale di Cinematografia nel decennio Sessanta (a differenza dei 27 uomini), e andranno negli anni successivi a ricoprire ruoli marginali per poche produzioni.

Una lettura ravvicinata a partire dal sondaggio condotto da Bellumori, Le donne del cinema contro questo cinema, sull’occupazione femminile nell’industria cinematografica degli anni Sessanta e Settanta rivela un certo numero di casi interessanti, tra i quali spicca Mara Blasetti, donna libera, effervescente, dedita al lavoro, umile ma capace di imporre la sua presenza, confermatasi in più di trent’anni di carriera un’eccezione nella filiera produttiva.

* Continua a Leggere, vai alla versione integrale →