Vorrei scrivere di un’esperienza che ho vissuto, prima di tutto, con il corpo, e non ci riesco. Raccontare della lettura attraverso la parola scritta è cosa più semplice – l’universo da maneggiare è sempre fatto di aggettivi, verbi, nomi, immateriale che si cerca di restituire nell’impalpabilità della sintassi. Ma provare a rendere intellegibile, cioè comunicabile, un segmento – pur breve e limitato – di vita che si è vissuto, per di più quando ci si è abbandonate a una sensazione di incantamento, può essere paralizzante. Tutto questo per dire che vorrei provare a parlare di una mostra che ha un titolo strano, per chi non è del luogo in cui si svolge, cioè il Museo Sanna (Museo Nazionale Archeologico ed Etnografico) a Sassari, e che si potrà visitare fino al 30 settembre 2022.
Sulle tracce di Clemente rimane espressione misteriosa, quasi custode di una dimensione fantasmatica destinata a rimanere tale. È vero che all’inizio del percorso espositivo si trova una sorta di ingresso, una camera-ritratto, con tanto di quadro e divanetto finemente intarsiato, di Gavino Clemente, ebanista sassarese vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, considerato inventore del cosiddetto ‘stile sardo’, collezionista di oggetti etnografici della tradizione isolana successivamente donati al museo e al quale, per questo, è stato intitolato il padiglione visitabile – al momento l’unico aperto, in attesa del riallestimento complessivo della collezione permanente. Eppure, di lui ci si dimentica presto, per immergersi nell’immaginario di chi, la mostra, l’ha concepita utilizzando il materiale raccolto da Clemente per creare qualcosa di completamente diverso.