Categorie



Questa pagina fa parte di:

  • Arabeschi n. 15→

Storico, poeta e letterato, allievo di Roberto Longhi, Francesco Arcangeli è stato un protagonista appassionato della cultura italiana nell’immediato dopoguerra. Ereditando dal suo maestro gli strumenti filologici e lo stile ecfrastico che in quegli anni rifondano non solo la lingua dell’arte ma integralmente gli studi storico-artistici, Arcangeli riesce, assieme ad altri intellettuali suoi contemporanei, a farsi degno interprete della rinascita di valori culturali in grado di ricostruire un Paese distrutto dalla guerra. Nello studio dell’arte il critico bolognese si avvale di una lettura antropologica e di una concezione del tempo non più lineare, in grado di congiungere l’antico al moderno. La sua teoria del ‘tramando’, infatti, si propone come un’indagine di un fatto artistico non più vincolato alla sola analisi del contesto geografico e non più limitato alle sole categorie artistiche.

Il saggio di Filippo Milani, Le forme della luce. Francesco Arcangeli e le scritture di “tramando” (Bonomia University Press, 2018), recupera il pensiero arcangeliano e lo ‘tramanda’ – è il caso di dirlo – dentro un intreccio fitto e denso di rapporti intellettuali e di amicizie che Arcangeli intrattiene con gli scrittori e poeti Giuseppe Raimondi, Attilio Bertolucci, Giovanni Testori e il pittore Ennio Morlotti, intenti anche loro a riappropriarsi, tra gli anni Quaranta e Sessanta, di nuovi strumenti per rifondare gli studi sull’arte sulla letteratura. Milani analizza, dunque, la forza visuale della scrittura, situata al centro del dibattito tra gli autori, partendo dai concetti di realismo e di naturalismo, temi su cui si basa il pensiero del critico bolognese.

* Continua a Leggere, vai alla versione integrale →