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  • [Smarginature] «Ho ucciso l'angelo del focolare». Lo spazio domestico e la libertà ritrovata →
Abstract: ITA | ENG

Dorothy è nera, povera e incinta. In seguito all’ingiusta carcerazione del marito, cresce da sola la prima figlia. A Watts (Los Angeles) lo spazio domestico non basta a proteggerla dal giogo del sistema (intrusione di assistenti sociali, brutalità osservata dalla finestra), né dalla violenza della polizia. Il mondo irrompe in casa anche attraverso le lettere del marito e poster (raffiguranti ad esempio la partecipazione delle donne/madri nelle lotte di liberazione). Proprio a casa, inizialmente simbolo del suo confinamento mentale e psicologico, luogo dove interno ed esterno, personale e politico si intersecano, prende forma la sua rivoluzione, da vittima passiva a donna resistente, capace di agentività. Bush Mama (Haile Gerima, 1975) è impregnato della ricerca estetica emblema della Scuola dei Cineasti Neri di Los Angeles, giustapponendo elementi sonori e visuali, ricuce una narrazione frastagliata, in cui la libertà dei codici narrativi e stilistici accompagna la liberazione della protagonista.

Dorothy is black, poor and pregnant. Following her husband's unjust imprisonment, she raises her first daughter alone. In Watts (Los Angeles), domestic space is not enough to protect her from the yoke of the system (intrusion of social workers, brutality observed from the window), nor from police violence. The world also breaks into the home through her husband's letters and posters (depicting, for example, the participation of women/mothers in liberation struggles). It is at home, initially a symbol of her mental and psychological confinement, a place where interior and exterior, personal and political intersect, that her revolution takes shape, from passive victim to resilient woman, capable of agentiveness. Bush Mama (Haile Gerima, 1975) is imbued with the aesthetic research emblematic of the Los Angeles School of Black Filmmakers, juxtaposing sound and visual elements, stitching together a jagged narrative in which the freedom of narrative and stylistic codes accompanies the liberation of the protagonist.

Quello che si meritava era la cella di un carcere grande quanto il suo cucinino, due metri e mezzo per due metri e mezzo, con la finestrella rettangolare abbastanza alta e abbastanza piccola per non consentirle di evadere.

Joanna Karistiani, Mille sospiri

 

I bianchi hanno trovato un modo efficace per sottomettere i neri a livello globale: costruire senza posa strutture economiche e sociali che sottraggono a molti i mezzi per farsi un focolare.

bell hooks, Elogio del margine

 

1. Bush Mama nel suo contesto di produzione

Bush Mama (1975), da subito diventato una pietra miliare nella storia del Black Cinema e non solo, è il primo lungometraggio dell’etiope Haile Gerima. Regista indipendente, conosciuto a livello internazionale per film quali, tra gli altri, Mirt Sost Shi Amit (Il raccolto dei 3000 anni, 1976), Sankofa (1993), Adwa an African Victory (1999), Teza (2008), Gerima pone al centro della sua opera la memoria, le storie e la Storia restituita da un punto di vista personale ma sempre con rigore documentario. I suoi film raccontano vite di resistenza e lotta, spesso elise dalla narrazione classica, altrimenti destinate all’invisibilità. Fervente anticoloniale, antimperialista, il suo cinema nasce dalla rabbia di fronte alle ingiustizie sociali, razziali, culturali. Da qui la sua lotta per difendere la libertà creativa, al di fuori dei canoni drammaturgici, con uno stile adatto a dire la propria condizione e un’estetica personale, nutrita in parte anche dalla tradizione culturale etiope.

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