An(n)a/gram è il titolo del progetto (ancora in realizzazione), basato sulla Ê»re-visioneʼ delle bobine inedite del film Anna di Alberto Grifi e Massimo Sarchielli (1972-1975), che il collettivo Out 1, fondato dall’artista viennese Constanze Ruhm e dal filmmaker parigino Emilien Awada, ha presentato alla nona edizione del Fid Lab di Marsiglia (svoltosi all'interno della ventottesima edizione del Fid Festival, a luglio 2017). Il lavoro, che si sviluppa intorno alla protagonista del film storico considerandola come un enigma irrisolto (è ciò che d'altra parte il titolo annuncia), mira a cogliere il generale dal particolare, finendo per interrogare, attraverso lo studio degli archivi inediti, diverse “storie” legate al periodo degli “anni di piombo” in Italia: il femminismo, la politica, la storia dei media e della comunicazione. Dunque Ê»l’anagrammaʼ evocato dal titolo riguarda ed indica il gesto stesso del riuso, il puzzle dei frammenti preposto alla ri-attualizzazione di una storia, di più storie, suggerite e sospinte dalla recrudescenza di un’immagine, quella per di Anna. La ricerca di Ruhm e Awada, che seguo da lungo tempo e che ha ispirato la stesura di questo testo, mi sembra che porti ad interrogarsi su due ordini di domande, uno che si staglia su un piano sincronico (quello della contemporaneità: perché e come tornare a parlare di Anna oggi?), un altro che si proietta su un piano storico o diacronico, che riguarda Anna ed alcune questioni, come la presa di parola (d’altra parte l’elegante calembour nel titolo di Out 1 si presenta come una specie di risposta ad una forma di interpellazione), che a mio avviso meriterebbero di essere ancora approfondite: chi parlava, di cosa e perché nel film di partenza?