Nel tentare una prima forma di epurazione nei confronti del suo avversario, Stalin fece cancellare Lev Trotskij dalla fotografia che lo ritraeva al fianco di Lenin durante un comizio tenuto da quest’ultimo nel 1920; lo stesso fece Hitler nel momento in cui, spinto da motivazioni diverse, decise di far eliminare Goebbels da una fotografia del 1937 che li ritraeva entrambi insieme alla regista Leni Riefenstahl. Gli esempi di manipolazione o di uso di media differenti come veicolo di un messaggio ideologico potrebbero moltiplicarsi se si considera il ventennio fascista e l’immagine che di sé Mussolini diffuse servendosi della fotografia, del cinema, degli organi di stampa. Tra i possibili impieghi delle immagini, siano esse statiche o in movimento, l’utilizzo con finalità di propaganda politica o perfino di oppressione è stato ampiamente praticato dai sistemi di governo che si sono succeduti nel corso del Novecento. Ma se gli espedienti retorici messi in atto dal potere in funzione della propria predominanza sono oramai noti e ampiamente dibattuti, ancora ricco di nuove esplorazioni è il campo d’indagine preso in esame da Christian Uva nel volume L’immagine politica. Forme del contropotere tra cinema, video e fotografia nell’Italia degli anni Settanta (Milano-Udine, Mimesis, 2015). Il saggio si allontana dall’osservazione dei media ufficiali e dà voce alle immagini cinematografiche, elettroniche e fotografiche che con essi instaurano un rapporto di antagonismo, ponendosi come schegge di resistenza e di controinformazione. Lo scenario storico in cui le immagini analizzate esplicano la loro valenza politica non è quello dei regimi totalitari, ma il decennio caldo degli anni Settanta in Italia, racchiuso tra le contraddizioni del 1968 e le lotte armate che tra il 1977 e l’anno successivo raggiungono esiti controversi.

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