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Milo Manara ospite di Etna Comics - Festival Internazionale del fumetto e della cultura pop, che ormai da quattro anni si svolge a Catania, ha accompagnato una mostra personale di settanta opere originali, riunite sotto il titolo Tutto ricominciò con un’estate catanese in ricordo di quel Tutto ricominciò in un’estate indiana, primo frutto della proficua collaborazione tra la matita del maestro dell’erotismo a fumetti e la penna di Hugo Pratt.

Artista legato intimamente alle magnifiche donne create dal suo tratto inconfondibile, Manara disegna per raccontare storie, per professione, per gioco e per passione: «insomma, praticamente disegno perché appartengo al genere umano e non ne posso fare a meno». In quarant’anni di carriera ha affrontato i soggetti più eterogenei, da solo o in collaborazione con autori del calibro del già citato Pratt, di Federico Fellini, Pedro Almodóvar, Vincenzo Cerami e Alejandro Jodorowsky, senza farsi mancare una collaborazione con la Marvel Comics nel genere ‘supereroi’.

Il mondo del cinema è uno degli spazi d’immaginazione di Manara; il pensiero va al 1984, periodo in cui inizia la collaborazione con Fellini, prima con lo straordinario fumetto, Viaggio a Tulum, apparso su «Corto Maltese», e poi con uno dei progetti più personali del grande maestro riminese, Il viaggio di G. Mastorna detto Fernet.

Fellini comincia a lavorare a Il viaggio di G. Mastorna detto Fernet nel 1965; il soggetto viene pubblicato a puntate su «Il Grifo» ma non sarà mai realizzato a causa di ragioni personali e di una serie di contrattempi (tra cui – pare – un litigio con il produttore De Laurentiis). «La storia di uno che è morto e non lo sa» diviene nel 1992 un fumetto, grazie all’intervento di Manara, che realizzerà, per il regista, sia storyboard, sia strisce e illustrazioni indimenticabili, e insieme i manifesti dei film Intervista e La voce della luna. Manara racconta di essere stato per Fellini «un semplice strumento, dato che lui faceva gli storyboard di tutte le vignette e poi io dovevo fare una prima elaborazione in brutta copia»; la tavola finale doveva in ogni caso rispettare quello che voleva Fellini, artista fortemente ‘visuale’ e dal raro talento fumettistico.

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