Nel febbraio 2021 Milo Rau ha convocato presso la Akademie der Künste di Berlino alcuni interlocutori a discutere della possibilità di una autentica global art sulla scena mondiale (Can There Be Global Art? è il titolo delle giornate di riflessione);[1] tra loro, Rabih Mroué, Lia Rodrigues, Wajdi Mouawad. Uno dei temi emersi con maggior vigore dalla discussione è la poca visibilità degli artisti non occidentali e la loro conseguente necessità di approdare a centri europei per poter lavorare e farsi conoscere, perdendo così il pubblico di riferimento, e trovandosi a modulare di conseguenza gusti e linguaggi.[2]
Queste e altre riflessioni attraversano da diversi anni la più avanzata scena europea, orientando le proposte artistiche non solo verso un generico impegno a raccontare il presente, ma verso territori ibridi tra arte e attivismo: cioè verso atti – artistici, curatoriali o produttivi – volti a cambiare concretamente qualche aspetto della realtà.
La volontà di agire sul mondo è del resto da tempo al centro degli interessi di Milo Rau come artista, direttore artistico NT Gent, intellettuale impegnato, come ben emerge dalla lettura complessiva di Realismo Globale[3] e dal primo punto del suo Manifesto (pubblicato all’interno dello stesso volume). In particolare, l’indagine di Rau si focalizza con sempre maggior vigore sullo scardinamento dei rapporti di potere (anche in termini di narrazioni) tra Europa ed extra-Europa, promuovendo una riflessione critica su i non pochi aspetti ancora irrisolti di questa relazione. Si prenderanno in considerazione, in questa prospettiva, due progetti significativi: The New Gospel (2019-2020) e Antigone in the Amazon (2020-2023). In entrambi i casi, Rau manifesta la volontà di riscrivere e riattraversare narrazioni antiche (il Vangelo secondo Matteo e l’Antigone di Sofocle) alla luce di nuove urgenze politiche, e provando a guardarle in prospettiva non eurocentrica.