Dal 25 settembre al 1 novembre 2018 si è tenuta presso l’Istituto Italiano di Cultura di New York la mostra Young Italians[1] che, co-organizzata da quell’Istituto e da Magazzino Italian Art, ha voluto celebrare il 50° anniversario dell’esposizione omonima ospitata nel settembre 1968 al Jewish Museum di New York e, pochi mesi prima, all’Institute of Contemporary Art di Boston.
L’importanza della rassegna del 1968 risiede nell’aver presentato e promosso da parte di due importanti musei statunitensi le ricerche dei più giovani talenti del nostro Paese, esponendo le opere di dodici artisti italiani under 40: Valerio Adami, Getullio Alviani, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Mario Ceroli, Laura Grisi, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo, Francesco Lo Savio, Renato Mambor, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto. L’idea nacque dallo storico dell’arte e curatore Alan R. Solomon che nel 1964 era stato commissario degli Stati Uniti alla Biennale di Venezia e dunque responsabile dell’‘invasione’ della Pop Art americana avvenuta in quell’occasione.[2] Attraverso Young Italians egli si propose di sostenere quel gruppo di artisti dal punto di vista culturale e mercantile, ma anche di analizzare quali fossero i comuni denominatori delle loro opere e quali le cause della difficoltà di importarle in USA. Infatti, spiega Solomon in catalogo[3] che la consapevolezza del proprio predominio sull’Europa circa la capacità di produzione, distribuzione e consumo dell’arte, ha indotto gli americani a sentirsi autosufficienti, perdendo man mano interesse per le ricerche degli altri Paesi. Ma è in particolare l’abitudine statunitense a valutare le opere secondo la «sensibilità nazionale», che implica «vedere tutto nei termini di bianco e nero», ad aver reso per loro incomprensibile l’«Italian paradox», ossia la convivenza nell’arte degli italiani di due opposte attitudini: l’amare la modernità ma con lo sguardo sempre rivolto al passato. Inoltre, egli conclude, nonostante la qualità della giovane arte italiana, è difficile prevederne gli sviluppi anche a causa del sistema economico e artistico del suo Paese, caratterizzato da una carenza di gallerie commerciali di successo, dalla persistente esiguità del collezionismo, dalla scarsità di capitali e dall’instabilità socio-politica.