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La città gomitolo

 

Per una città che inaugura la sezione dedicata ai ‘segni’, e in cui le parole stanno al posto di immagini che stanno a loro volta al posto di qualcos’altro, si potrebbe cominciare a partire da una visual representation realizzata da una delle più importanti information designer contemporanee prima ancora di diventarlo. L’interpretazione visiva di Federica Fragapane [fig. 1] non si avvale, come accade nelle data visualizations per le quali è poi diventata un punto di riferimento mondiale, di alcun sistema infografico. Tamara è un globo composto da numerosi nastri che recano iscritti gli oggetti e i messaggi ad essi sottesi in mostra sulle insegne o per le strade della città. La forma sferica della matassa rimanda immediatamente a un senso di interezza, di unità: la città è un organismo pulsante, dotato di una propria estensione (prima e dopo la città di Tamara c’è il vuoto: mentre ci si avvicina «l’uomo cammina per giornate tra gli alberi e le pietre [che] sono soltanto ciò che sono»; quando ci si allontana «fuori s’estende la terra vuota fino all’orizzonte», CI, p. 367), e dunque apparentato all’idea di microcosmo, di pianeta a sé stante.

Eppure, al lettore e alla lettrice – e probabilmente anche all’artista – non può non sopraggiungere alla memoria il ricordo proprio del gomitolo che apre, attraverso una citazione gaddiana, la lezione calviniana dedicata alla Molteplicità. Il «mondo come un garbuglio, o groviglio, o gomitolo» (Calvino 1995, p. 717), atto a dar conto dell’inestricabile complessità del reale, è un’immagine che non saremmo immediatamente propense ad associare allo stile di Italo Calvino, celebrato per la sua lingua acuta, tagliente e precisa, che del nitore, lessicale e sintattico, ha fatto la propria cifra (Belpoliti 2006). Ma forse, come lo stesso scrittore ci dimostra, lo «gnommero» altro non è che l’altro volto della precisione classificatoria, con cui partecipa di quella tensione, irriducibile e irrinunciabile, a rappresentare la realtà come un «“sistema di sistemi”, in cui ogni sistema singolo condiziona gli altri e ne è condizionato» (Calvino 1995, p. 717). D’altronde, è lo stesso Calvino in un’altra delle Lezioni americane, quella dedicata alla Esattezza (ivi, pp. 677-696), a lasciarci intuire che tra le due forme del «cristallo» (immagine di regolarità delle strutture interne) e della «fiamma» (immagine di regolarità delle strutture esterne) ci possano essere più tangenze di quelle che si possano inizialmente intuire. Dunque, non ci stupisce che la precisione della lingua calviniana, così come la propensione analitica della visual representation, possano abbracciare anche il caos apparente del labirinto dei segni.

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