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«Non ho voluto raccontare la tragedia […] ma improvvisare e cogliere, in punta di matita, i movimenti, le battute e le espressioni che mi venivano alla mente pensando a questi due ragazzi che si innamorano, si guardano, si sfiorano, si baciano e finalmente realizzano il loro sogno d’amore» (Mattotti 2021, quarta di copertina). A parlare è Lorenzo Mattotti (Brescia, 1954), artista a tutto tondo, i cui interessi spaziano dalla pittura al fumetto, dalla musica al cinema, e questa sua riflessione sembra ritagliata perfettamente su Paolo e Francesca, ma si riferisce invece ad altri due celebri amanti, Romeo e Giulietta [fig. 1], cui l’artista ha recentemente dedicato un prezioso e raffinato, eppur potentissimo, piccolo quaderno in bianco e nero (14 cm di altezza per 18 di base, edizioni Logos). Dunque, Romeo e Giulietta e non Paolo e Francesca, ma la tematica resta la stessa, un amore contrastato e impossibile reso eterno dalla letteratura. E dalle immagini. In questo quaderno è come se Mattotti riprendesse idealmente un dialogo iniziato nel 1999 con l’illustrazione dell’Inferno dantesco per Nuages. In quell’occasione a essere rappresentati erano stati ovviamente i cognati di Rimini [fig. 2], colti al margine del vortice dei corpi, con Francesca in atto di allentare l’abbraccio di Paolo per protendersi verso Dante, serrato nell’angolo in basso a destra dell’immagine. I colori piatti ma vibranti riflettevano le passioni dei due amanti, rossi in volto per la colpa. Una passione giocata sul ritmo coloristico e visivo di forme intrecciate l’una all’altra, spirali morbidamente geometriche in grado di trascendere il riferimento diretto al testo per farsi messaggio universale. Un’immagine singola, capace di sintetizzare la narrazione assolutizzandola, che rivela un metodo di interpretazione visiva del testo che è complementare a quella evidenziata da Mattotti nella citazione d’apertura: in Romeo & Giulietta raccontare vuol dire inventare una storia partendo da uno spunto letterario, traducendolo in immagini che definiscono per certi versi una sequenza filmica, un susseguirsi di baci cercati e abbracci trovati. Sono due concetti di illustrazione, come detto, complementari, che nel presente contributo saranno presi in esame attraverso casi emblematici di artisti contemporanei, assai diversi tra loro sia a livello delle tecniche impiegate sia a livello teorico-concettuale.

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Una prospettiva di lettura forse o almeno in parte nuova di questa materia potrebbe allestirsi partendo dal constatare l’aver Dante da subito messo in scena una situazione di stravolgimento – così suo come delle anime – rispetto all’immagine di serena concordia, potremmo dire, tra filosofia e poesia, che ci è dato trovar rappresentata e figurata nell’episodio del ‘nobile castello’ del canto IV infernale (Aversano 2015, pp. 409-10). Ora i peccatori carnali sono tormentati dalla bufera almeno quanto coi loro desideri non sottomessi a ragione furono ‘molesti’ creando disordine, rompendo convenzioni e patti; è su questo agire perverso che il poeta intende imporre una visione del cosmo appresa all’etica cristiana del miglioramento e della perfezione collettivi, pronta ad articolarsi in opposizione alle prospettive limitate e illusorie che qualificano l’uomo attraverso le parole della poesia o della filosofia. Si tratta come è noto di un’immagine provvisoria di armonia o di concordia che sul momento fa dimenticare persino a Dante gli orrori incrociati nell’attraversare il vestibolo dell’Inferno o nell’affrontare la trista rivera d’Acheronte, e farà quindi sentire i propri effetti oserei dire fino allo shock del richiamo di Catone, incaricato di aprire nuovi orizzonti percettivi nell’area oramai pre-purgatoriale. Col canto V Dante entra in un’atmosfera che dalle prime battute risulta di alterazione, divisiva, appunto ‘diversa’ dalla precedente: dove risuonano parole di dolore, «diverse lingue, orribili favelle» (Inf. III, v. 25), tali appunto da impostare un’idea di comunicazione distante da quella, in tutta apparenza ordinata e positiva, che aveva spinto il poeta-pellegrino a inorgoglirsi per essere stato accolto dai maggiori intellettuali dell’antichità e immaginare forse un primo acquisto di una magnanimitas sotto la protezione di un già esclusivo ma ora partecipato modello classico per la propria attitudine, sia poetica che esistenziale. Il vistoso effetto di contrasto sul quale si apre il canto spinge forse il lettore a chiedersi, a norma di ragione e non di ‘affetti’, quale sia stato il valore più vero di quell’antico insegnamento, specie guardando al nuovo orientamento che la poesia dantesca dovrà mostrare alla luce dell’etica della salvezza cristiana sotto il cui segnacolo si svolge l’appena principiato itinerario di un poeta che intende presentarsi come nuovo.

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