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  • Barbablù. Il mito al crocevia delle arti e delle letterature →

 

 

Trasformare in immagini un racconto verbale è un processo articolato che implica, da parte dell’illustratore, una serie di scelte interpretative; è un atto critico che va ben oltre il semplice passaggio di contenuti da un medium all’altro (Scharcz 1982; Nikolajeva 2006; Woźniak 2015). In alcuni casi l’operazione è resa ancor più complessa dall’assenza di rappresentazioni precedenti, costringendo di fatto il disegnatore a creare nuovi modelli figurativi attingendo dal patrimonio iconografico tradizionale. Il caso di Barbablù ne è un esempio.

Nel 1953 la Morgan Library di New York acquistò una copia manoscritta dei racconti di Perrault, precedentemente ignorata. Il volume, rilegato in marocchino rosso con lo stemma della nipote di Luigi XIV, Élisabeth Charlotte d’Orléans, a cui fu dedicato dall’autore, porta il titolo Contes de ma mère l’Oye e, datato 1695, precede di due anni la prima edizione a stampa. Miniature a guazzo di autore anonimo illustrano il frontespizio e aprono alla lettura delle rispettive storie (La bella addormentata, Cappuccetto Rosso, Il gatto con gli stivali, Barbablù e Le fate).

L’immagine di apertura [fig. 1.], poi ripresa quasi integralmente nell’edizione originale, riproduce in qualche modo l’ambiente e la circostanza in cui questi racconti del tempo passato prendono vita: uno spazio domestico, in una fredda serata invernale illuminata dal bagliore del fuoco e da una bugia posata sulla spoglia mensola del camino. Una vecchia nutrice, il cui profilo si staglia sullo sfondo di una porta chiusa, è assisa su uno sgabello e, nel filare la lana col suo fuso, dipana anche i suoi racconti catturando l’attenzione del suo pubblico: due fanciulli i cui abiti raffinati – si noti il manicotto della giovinetta – ne attestano l’elevato rango sociale e un gentiluomo, forse l’autore, seduto vicino al camino che osserva la narratrice in azione. Come ben postilla Louis Marin, siamo di fronte ad una «mise en scène de l’oralité dans ses représentants canoniques, la toute puissante maîtresse de la voix narratrice et ses destinataires, enfants et adolescents, fille et garçons, dans la fascination de l’écoute» (Marin 1992, p. 20; Heidmann 2014).

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