In coincidenza con l'ultimo atto della trilogia dedicata a Ligabue,  Arabeschi dedica un omaggio al primo intenso affondo di Mario Perrotta dentro l'universo del pittore grazie alla lettura attenta di Francesco Gallina.

Lo scemo del villaggio, l’emarginato per eccellenza, l’artista fuori dagli schemi: è questa la magistrale interpretazione che Mario Perrotta dà di Antonio Ligabue (1899-1965) in Un bès (2013), vincitore del Premio Ubu 2013 come migliore attore protagonista, e prima tappa del Progetto Ligabue, seguita da Pìtur (2014) e Bassa continua-Toni sul Po (2015).

Splendido esempio di teatro narrazione biografico-psicologica, il disperato monologo che Perrotta porta in scena attraversa, nell’arco di un’ora e mezzo, le principali tappe che hanno lacerato la vita di Antonio Ligabue.

Dopo aver percorso la platea elemosinando caritatevolmente un bacio, Perrotta sale sul palcoscenico, dove occupano la scena tre pannelli mobili rettangolari in vetro-cemento: sul verso riproducono le plumbee sbarre di un carcere, sul retro vi sono appesi grossi fogli di carta. È su questi che Perrotta/Ligabue ricrea e plasma, con la sola forza di un carboncino, i fantasmi del passato e i mostri del suo presente, dando così vita ad una convulsa partitura narrativa che fonde e confonde parole e immagini. Con esse l’attore conversa e interagisce, fingendo siano presenze concrete dotate di carne ed ossa. I dipinti, creati estemporaneamente, non solo si affiancano alla narrazione, ma la rendono densa di significati: attraverso il colore e il tratto veloce, furioso e tenace, Perrotta esalta dettagli che la sola parola non potrebbe esprimere nel pieno delle sue potenzialità. L’abilità dell’attore non sta semplicemente nella sua capacità figurativa, ma nel tenere incollato lo spettatore al progressivo e plastico evolversi del disegno: ogni qual volta cambia foglio, non si riesce a comprendere immediatamente quale sia il nuovo soggetto che egli si accinge a dipingere; talvolta, anzi, i dettagli delle figure sono assemblati a partire da prospettive diverse e solo alla fine, come in un’epifania, il disegno appare nella sua verità e completezza. Ogni foglio, inoltre, al di là dei soggetti rappresentati – frutto della fantasia di Perrotta – simbolizza le varie fasi della vita del pittore, fungendo narrativamente da spartiacque temporale.

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