Questa pagina fa parte di:

Gira, il mondo gira

nello spazio senza fine

con gli amori appena nati

con gli amori già finiti

con la gioia e col dolore

della gente come me.

J. Fontana

 

In occasione del centenario della nascita di Italo Calvino, l’attore, regista e drammaturgo leccese Mario Perrotta ha portato in scena il frutto di un allucinato itinerarium mentis intitolato Come una specie di vertigine. Il Nano, Calvino, la libertà. Presentato in prima nazionale a marzo 2023 al Teatro Carcano di Milano, lo spettacolo presentava inizialmente il titolo s/Calvino – o della libertà; è stato poi l’autore a volerlo cambiare, dopo le prime repliche, per fugare ogni aspettativa di spettacolo-omaggio allo scrittore sanremese. L’intento di Perrotta, infatti, è piuttosto quello di ragionare in libertà di libertà e per farlo pensa bene di affondare le mani negli scritti di Calvino «scalvinandoli, scompigliandoli e ricomponendoli»; esigenza già emersa con lo spettacolo del 2022 Libertà rampanti, un dialogo a tre voci con Sara Chiappori e Vito Mancuso, in cui Perrotta ragionava di libertà attraversando vari autori come Sofocle, Sant’Agostino, Shakespeare, Dostoevskij, Morante per approdare, infine, all’immancabile Calvino.

Come una specie di vertigine. Il Nano, Calvino, la libertà – scritto, diretto e interpretato interamente ed esclusivamente da Perrotta si apre sulle note del Mondo (1965) di Jimmy Fontana, che scandiscono, per quattro volte di seguito, il ritmo di accensione e spegnimento dei quattro fari presenti sul palco e puntati sul pubblico. Questi reiterati, iniziali abbagli costringono lo spettatore ad aggiustare rapidamente lo sguardo per dare il benvenuto al protagonista della pièce: Perrotta, emerso dal buio lentamente e progressivamente, appare seduto su una sedia girevole di metallo che sovrasta un’intelaiatura di ferro fissa al pavimento con un microfono ad asta montato su di essa.

* Continua a Leggere, vai alla versione integrale →

In coincidenza con l'ultimo atto della trilogia dedicata a Ligabue,  Arabeschi dedica un omaggio al primo intenso affondo di Mario Perrotta dentro l'universo del pittore grazie alla lettura attenta di Francesco Gallina.

Lo scemo del villaggio, l’emarginato per eccellenza, l’artista fuori dagli schemi: è questa la magistrale interpretazione che Mario Perrotta dà di Antonio Ligabue (1899-1965) in Un bès (2013), vincitore del Premio Ubu 2013 come migliore attore protagonista, e prima tappa del Progetto Ligabue, seguita da Pìtur (2014) e Bassa continua-Toni sul Po (2015).

Splendido esempio di teatro narrazione biografico-psicologica, il disperato monologo che Perrotta porta in scena attraversa, nell’arco di un’ora e mezzo, le principali tappe che hanno lacerato la vita di Antonio Ligabue.

Dopo aver percorso la platea elemosinando caritatevolmente un bacio, Perrotta sale sul palcoscenico, dove occupano la scena tre pannelli mobili rettangolari in vetro-cemento: sul verso riproducono le plumbee sbarre di un carcere, sul retro vi sono appesi grossi fogli di carta. È su questi che Perrotta/Ligabue ricrea e plasma, con la sola forza di un carboncino, i fantasmi del passato e i mostri del suo presente, dando così vita ad una convulsa partitura narrativa che fonde e confonde parole e immagini. Con esse l’attore conversa e interagisce, fingendo siano presenze concrete dotate di carne ed ossa. I dipinti, creati estemporaneamente, non solo si affiancano alla narrazione, ma la rendono densa di significati: attraverso il colore e il tratto veloce, furioso e tenace, Perrotta esalta dettagli che la sola parola non potrebbe esprimere nel pieno delle sue potenzialità. L’abilità dell’attore non sta semplicemente nella sua capacità figurativa, ma nel tenere incollato lo spettatore al progressivo e plastico evolversi del disegno: ogni qual volta cambia foglio, non si riesce a comprendere immediatamente quale sia il nuovo soggetto che egli si accinge a dipingere; talvolta, anzi, i dettagli delle figure sono assemblati a partire da prospettive diverse e solo alla fine, come in un’epifania, il disegno appare nella sua verità e completezza. Ogni foglio, inoltre, al di là dei soggetti rappresentati – frutto della fantasia di Perrotta – simbolizza le varie fasi della vita del pittore, fungendo narrativamente da spartiacque temporale.

* Continua a Leggere, vai alla versione integrale →