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  • [Smarginature] «Ho ucciso l'angelo del focolare». Lo spazio domestico e la libertà ritrovata →
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A partire dall’angelo del focolare e dalla pazza in soffitta, archetipi femminili presenti nella vita e nella letteratura di Virginia Woolf, ma soprattutto da una stanza tutta per sé, simbolico spazio di autonomia delle donne, il saggio si sofferma sulla cucina che nel cinema di Visconti è talvolta il luogo di cura e accudimento materno - delle vedove de La terra trema e Rocco e i suoi fratelli - ma talaltra si trasforma, per esempio in Ossessione, in uno spazio di seduzione e desiderio, di metamorfosi del femminile, oltreché di modifica della sua destinazione d’uso.

The angel of house and the madwoman in the attic are two female archetypes present in Virginia Woolf’s life and literature, as well as a room of one’s own recalls her famous book and the symbolic place of autonomy for women. Well, in this paper the focus is on the kitchen in Visconti and some his movies, Ossessione, La terra trema and Rocco e i suoi fratelli, where widowed mothers give food their sons, while other borderline women change this place in the space of their desire for love and freedom. 

Due sono gli archetipi femminili, le immagini cardine nella vita letteraria di Virginia Woolf connesse allo spazio domestico nel quale vengono relegate le donne: l’angelo del focolare e la pazza in soffitta (Fusini, 2021a, pp. 22-23, pp. 251-252). Sono figure, a mio avviso, che si riflettono come un’ombra sulle protagoniste di Ossessione (1943), La terra trema (1948) e Rocco e i suoi fratelli (1960) di Luchino Visconti. Pellicole su cui mi soffermo, focalizzando l’attenzione su quel «femminile in movimento» che in letteratura e al cinema, mentre transita da una stanza all’altra, da un campo a un «fuori campo attivo», rende visibile, ma soprattutto reversibile, l’«identità» (Brogi 2022, pp. 6, 80) di genere di cui ci si riappropria.

1. L’angelo del focolare e la pazza in soffitta

Nella numerosa, composita, allargata famiglia d’origine di Virginia Woolf, formata da otto figli, tra maschi e femmine, nati in prime e secondo nozze, ci sono due sorellastre che, concepite nei talami genitoriali pre-vedovanza e precedenti al re-matrimonio, aleggiano come presenze fantasmatiche, l’una angelicata, l’altra demoniaca, tra le pagine, nella mente e nell’anima della scrittrice.

L’una è la «perfetta controfigura della madre […] addestrata» con severità vittoriana per esserne il «braccio destro» o per prenderne il posto lasciato vacante quando costei scompare prematuramente e Virginia Woolf, che è nata a Londra il 25 gennaio 1882, ha solo 13 anni. È appena ventiseienne invece la sorellastra che, volente o nolente, si trova a ricoprire i ruoli di «moglie vicaria» del «vedovo inconsolabile», di madre surrogata della prole orfana e di governante di casa addetta, assieme ai domestici, alla sua organizzazione e gestione. «Impeccabile nell’abnegazione», la «buona Samaritana» (Fusini, 2021a, p. 251) si fa perfetta incarnazione dell’angelo del focolare che Woolf descrive, in Professioni per le donne, come estremamente «comprensiva […] accattivante […] altruista»; eccellente «nelle difficili arti del vivere familiare». Colei che ogni giorno si sacrifica, pronta a «capire e compatire i pensieri e i desideri degli altri» (Woolf, 2011, p. 353), rinunciando ai propri.

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