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  • 'Paesaggi di vita'. Mito e racconto nel cinema documentario italiano (1948-1968) →
Abstract: ITA | ENG

Il saggio esplora il ruolo del cinema amatoriale italiano come testimone e interprete dei cambiamenti socio-culturali del paese, concentrandosi in particolare sul patrimonio audiovisivo privato, conservato presso l’Archivio Nazionale del Film di Famiglia "Home Movies". Attraverso l’analisi di sequenze di film di famiglia, il saggio evidenzia come immagini apparentemente intime e personali acquistino un valore storico e simbolico, offrendo un punto di vista unico sui mutamenti del paesaggio sociale, culturale e territoriale italiano.

The essay explores the role of Italian amateur cinema as a witness and interpreter of the country's socio-cultural changes, focusing on the private audiovisual heritage, preserved at the National Archive of Family Film ‘Home Movies’. Through the analysis of family film sequences, the essay highlights how apparently intimate and personal images acquire a historical and symbolic value, offering a unique point of view on the changes in the Italian social, cultural and territorial landscape.

 

1. I film di famiglia e le mutazioni di metà secolo

È una domenica mattina. Il cartello iniziale, traballante e incerto nei sedici frames per secondo di quella pellicola formato ridotto 9.5mm, messa a dura prova dal tempo, ci rivela il giorno esatto: 27 Febbraio 1955. Una piccola folla, in un bianco e nero un po’ sbiadito, esce fuori dal portale centrale del Santuario della Beata Vergine Maria del Santo Rosario di Pompei. Sono donne e uomini, bambini e anziane, tutti elegantemente vestiti con lunghi cappotti, raffinati copricapo e giacche ben stirate, abbigliamento che denuncia l’inequivocabile appartenenza sociale alla classe borghese. Anche senza l’indicazione del cartello, non sarebbe difficile capire che siamo nel pieno del boom economico italiano, soprattutto dalle immagini che seguono: due uomini, tra quelli che abbiamo visto poco prima, fumano rilassati, davanti a un’auto parcheggiata, nuova di zecca. Aprono il cofano, soddisfatti. Un sacerdote, in paramenti liturgici, è accanto a loro, e tiene in una mano un piccolo breviario, nell’altra, un aspersorio. Coadiuvato da un altro uomo che regge l’acqua benedetta, con sottobraccio un cappello da custode, inizia la benedizione: ma non dei presenti, bensì ̶ sotto lo sguardo curioso di questi ultimi ̶ di tre automobili. Sono le tre ‘caravelle’ che appaiono nel goliardico titolo riportato nel cartello iniziale [fig. 1], insieme alla data: «BENEDIZIONE ALLE TRE CARAVELLE: L’ADRI - LA MERY E LA CACCAVELLA». Un titolo che, nel suo intento dichiaratamente ironico, denuncia un tema che, come vedremo, è in realtà cruciale: l’avvento di una nuova era immortalata dal cinema di famiglia. Questo breve estratto, proveniente dal fondo Longo (HMLONGREN-0009) conservato presso l’Archivio Nazionale del Film di Famiglia Home Movies di Bologna, catturava nelle intenzioni del cineamatore un momento certo importante, degno quantomeno di essere ripreso e conservato, ma afferente alla sfera privata e personale.

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  • Barbablù. Il mito al crocevia delle arti e delle letterature →

 

 

Il racconto La Barbe Bleue di Ch. Perrault (1697, pp. 57-82) approdò in Russia nella seconda metà del XVIII secolo con la traduzione Skazka o nekotorom čeloveke s sinej borodoj di L. Voinov (Skazki o volšebnicach, s nravoučenijami, 1768). Il soggetto si diffuse nei teatri dalla prima decade del XIX secolo per il tramite dell’opera comica Raoul Barbe-Bleue di M-J. Sedaine e A. Grétry (messa per la prima volta in scena a Parigi nel 1789), che fu rappresentata a San Pietroburgo nel 1815, 1817 е 1821, e variamente arrangiata sulle scene (cfr. Arapov 1861, pp. 235, 253, 310).[1] Il tema fu riacquisito dalla tradizione folclorica a partire dagli anni Venti del XIX secolo, con la comparsa, fra gli altri, dell’adattamento Raul’ sinjaja boroda di V. A. Žukovskij (Detskie skazki, 1826; Žukovskij 2016, pp. 99-106). La versione favolistica conobbe nuova fortuna negli anni Sessanta del XIX secolo, quando A.P. Zontag (Juškova) fece ristampare a suo nome, con il titolo Volšebnye skazki dlja detej pervogо vozrasta (1862, 1867), la raccolta di Žukovskij, l’editore francese J. Hetzel commissionò a I.S. Turgenev la realizzazione dell’opera Volšebnye skazki Perro illustrata da G. Doré (1866), e il racconto di Perrault fu nuovamente edito in forma non adattata (1868). Il volume di Zontag fu ristampato ancora nel 1871. Un’ulteriore versione russa non adattata comparve nel 1894.

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