La grammatica di Francis Bacon e l’enigmatico treppiede
Leggere le opere di Jonathan Littell inquadrandole nel campo editoriale francese contemporaneo può rilevarsi particolarmente istruttivo. Dopo lo straordinario successo ottenuto nel 2006 con Les Bienveillantes[1] sono apparsi numerosi piccoli volumi, molto diversi fra loro per contenuti e impostazione e lontanissimi dal grande affresco narrativo sul nazismo. È tuttavia possibile tracciare alcune linee che l’autore è andato sviluppando negli anni immediatamente successivi al suo imponente esordio letterario. Da un lato troviamo una forma ibrida fra il saggio e il reportage, sulle cui specificità occorrerà ritornare, e dall’altro una sorta di puro récit, con predilezione per forme brevi e un registro stilistico decisamente più ricercato. Ciascuna di queste due linee, che sono appunto a pieno titolo due registri di scrittura, può dirsi il risultato di una biforcazione di ciò che Les Bienveillantes sintetizzano nel grande progetto romanzesco: divulgazione di una ricerca approfondita e schietta narrazione.
Ora questi due filoni corrispondono alle due principali dimore editoriali dell’autore franco-americano: i saggi, tra i quali si annovera un’analisi del caso Léon Degrelle (Le sec et l’humide),[2] sono editi da L’Arbalète, leggendaria piccola casa editrice francese della prima metà del secolo scorso, recentemente trasformata da Gallimard in una collezione diretta da Thomas Simonnet (il cui ruolo, come si vedrà, non è da trascurare); i testi più marcatamente narrativi, al contrario, sono editi, spesso in edizioni a tiratura limitata, da Fata Morgana, raffinata casa con sede a Montpellier.