A presentare il volume Verba picta. Interrelazione tra testo e immagine nel patrimonio artistico e letterario della seconda metà del Novecento, curato da Teresa Spignoli (Pisa, Ets, 2018), è Le souffle poétique di André Beuchat, incisore e direttore della stamperia d’arte Alma Charta, il cui catalogo conta preziose plaquette realizzate insieme a poeti italiani contemporanei o ad essi dedicate. L’acquaforte scelta come immagine di copertina, pubblicata in Rosa acuminata. Undici poeti per Anna (Toccalmatto di Fontanellato, Alma Charta, 2011), ben introduce, dunque, il tema portante dei diciotto saggi qui raccolti, volti a restituire la molteplicità di relazioni esistenti tra l’ambito verbale e l’ambito visivo.

Verba picta: l’interconnessione tra le due arti sorelle è felicemente condensata nella locuzione latina che dà il titolo alla miscellanea, parte integrante dell’omonimo progetto di ricerca attivo a partire dal 2012 presso il Dipartimento di Lingue, Letterature e Studi interculturali dell’Università di Firenze, finanziato dal MIUR nell’ambito del programma FIRB-“Futuro in Ricerca 2010”. Il progetto, avvalendosi in maniera proficua sia di una metodologia critico-teorica sia di strumenti archivistico-informatici, ha trovato un primo esito nella realizzazione di una banca dati consultabile all’indirizzo www.verbapicta.it. La piattaforma ospita una serie di schede organizzate sotto diverse voci (Autori, Opere, Editori, Riviste, Eventi, Gruppi di avanguardia), ricostruendo in tal modo la fitta rete di connessioni esistenti tra poesia e pittura nel secondo Novecento italiano. Alla pluralità di tali materiali si fa costantemente riferimento nei saggi contenuti nel volume, attraverso un puntuale sistema di rimandi che induce i lettori dell’opera cartacea ad integrare le analisi critiche con le schede inserite nel regesto informatico.

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Roma, 2 febbraio 2015

Riprese audio-video e montaggio: Simona Sortino; Grafica e animazioni: Gaetano Tribulato

 

La poderosa impresa del Lessico del cinema italiano, voluta e curata da Roberto De Gaetano per Mimesis e di cui è ora in libreria il primo dei tre volumi, ci porta anzitutto in dote un sentimento nuovo del nostro cinema. Un sentimento ambiguo, che mentre scopre l’effettiva inazione del pragmatismo italiano, ne rivela però la forza vitale che prende corpo nella rappresentazione e, in modo particolare, nella rappresentazione cinematografica.

Nella sua introduzione, che fissa con chiarezza il metodo e la libertà dell’opera, De Gaetano osserva infatti come questa forza il cinema abbia saputo esprimerla con più energia di qualsiasi altra arte nel corso del ventesimo secolo, senza mai darsi il progetto di formare un sentimento identitario, ma preferendo piuttosto restare «vicino alla vita sentita e pensata oltre le forme della società civile, dello Stato, della nazione e della storia». Si può immaginare quanto complesso sia misurare queste «forme di rappresentazione e di vita» (come si legge nel sottotitolo del libro), e nello stesso tempo quanto sia avvincente intendere il cinema italiano come campo di forze nel quale precipita una tradizione culturale che proprio su quel campo ritrova la sua italianità, in un processo di distanziamento e frantumazione dell’idea nazionale che la rivela, in perfetta coerenza, così irriducibilmente italiana.

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