Riprese audio-video: Giulio Barbagallo, Gaetano Tribulato. Montaggio: Simona Sortino, Gaetano Tribulato.

Qui di seguito la trascrizione integrale dell’intervista. Si ringrazia Alessandro Giammei per la presenza amichevole durante l’intervista. 

 

D: Siamo partiti dall’occasione specifica che ha portato oggi Antonella Anedda a Pisa, cioè la mostra Una forma di attenzione (organizzata da Silvana Vassalo presso la Galleria Passaggi di Pisa) realizzata in dialogo, come dice lo stesso titolo, con Antonella Anedda. All’interno del lavoro e delle applicazioni, molto varie, di Antonella Anedda ci è sembrato di vedere una costante, negli anni, che è la collaborazione con gli artisti, in questo caso una mostra legata in particolare alla forma del libro d’artista, ma partendo da Residenze invernali, e quindi dal rapporto con Ruggero Savinio ci è sembrato di riscontrare questo incessante dialogo con artisti visuali. Al contempo una centralità della riflessione sull’immagine e sulle arti visive nella scrittura, tanto saggistica quanto poetica, di Antonella. Partendo, appunto, dal rapporto con gli artisti la prima domanda che ci è venuta in mente è su come avvengono questi incontri e come funziona la loro dinamica, e se c’è una direzione privilegiata nello scambio tra parole e immagini.

R: L’incontro con Ruggero Savinio è stato legato a un’amicizia comune, Gianluca Manzi, che ci ha fatto conoscere. Io sono molto grata a Ruggero Savinio, perché lui era un artista affermato, io ero invece una ragazza che scriveva. Lui è stato così generoso da dedicare questa cartella d’artista ad alcuni testi di Residenze invernali. Anche gli altri sono stati dei veri e propri incontri, anche sul piano umano. Quello con Jenny Holzer è stato un po’ più mediato ma altrettanto importante: si trattava di un’artista che io ammiravo e ammiro molto. Lo stesso vale per l’incontro con Sabrina Mezzaqui, nel senso che ci siamo incontrate casualmente, perché c’era stato un convegno organizzato proprio qui, alla Scuola Normale, da Rossana Dedola sul rapporto tra parola e immagine. C’erano Ana Blandiana, una film maker Sabine Gisiger e, appunto, Sabrina Mezzaqui. Buber dice ci sono incontri e disincontri e questi sono stati degli incontri, direi, segnati da un’alleanza, da un rispetto reciproco. Probabilmente se non fossero state persone di cui stimavo il valore forse questo incontro non sarebbe avvenuto, però sono stati incontri all’insegna, come poi dev’essere per la poesia, della gratuità. Una convergenza di passioni, se posso dire così.

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Nata a Roma nel 1955, Antonella Anedda (Angioy) si è laureata in storia dell’arte presso l’Università La Sapienza sotto la guida di Augusto Gentili. Insieme alla passione per le discipline storico artistiche, che ha sempre segnato la sua vita, ha iniziato presto a occuparsi anche di traduttologia e ha insegnato mediazione linguistica presso la cattedra di Anglistica a Roma e poi, fino al 2006, presso l’Università di Siena. In seguito ha collaborato con l’Università della Svizzera Italiana come docente di lingua, letteratura e civiltà italiana, dove svolge ancora oggi la sua attività didattica.

Il suo esordio poetico risale al 1992 con Residenze invernali (Crocetti), al quale segue nel 1999 Notti di pace occidentale (Donzelli). Entrambe le raccolte sono state insignite di numerosi premi e hanno ricevuto un immediato successo, confermato successivamente dagli altri due libri di poesia: Il catalogo della gioia (Donzelli 2003) e Dal balcone del corpo (Mondadori 2007).

All’attività poetica Anedda ha affiancato anche quella di saggista e traduttrice. Nel 1994 è uscito per sua cura l’antologia di poesie e prose di uno tra i massimi rappresentanti della poesia francese contemporanea, Philippe Jaccottet: Appunti per una semina (Fondazione Piazzolla). E ancora di Jaccottet ha tradotto le prose de La parola Russia (Donzelli 2004), con in appendice tre poesie di Osip Mandel'ŝtam, che Anedda ha trasposto in italiano dal francese di Jaccottet. Tra le sue numerose traduzioni si segnalano ancora il volume Don’t Waste my Beauty (Caramanica Editore 2006), antologia della poetessa americana Barbara Carle; le liriche di Anna Achmatova, Il prodigio delle cose (Corriere della Sera 2012); e con Elisa Biagini e Emanuela Tandello ha curato e tradotto anche il volume della scrittrice canadese Ann Carson: Antropologia dell’acqua (Donzelli 2010).

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