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Abstract: ITA | ENG

Per mezzo di quali metafore visuali è possibile comprendere la logica culturale del Capitalocene all’interno del sistema dell’arte contemporanea? Possiamo intendere l’estrattivismo come rappresentazione simbolica di tale ‘nuova’ era geologica? Intento di questo paper è fornire una risposta a tali domande considerando vari casi studio legati all’arte contemporanea utili a stabilire una traiettoria narrativa che insista sul rapporto tra paesaggio, cambiamenti ambientali e infrastrutture tecnologiche. Dal punto di vista strutturale, dopo una breve riflessione sul termine Capitalocene e sulle sue specifiche occorrenze nella critica artistica contemporanea, l’articolo si compone di due sezioni tematiche finalizzate a tracciare un parallelismo concettuale tra i vecchi metodi di estrazione mineraria – e più in generale di risorse naturali – e le attuali pratiche legate al mining contemporaneo – attività, al pari della precedente, estremamente impattante sul piano ambientale e foriera di alcune contraddizioni etico-politiche sul piano della produzione artistica contemporanea.

Which metaphors can be used to understand the agency of the cultural logic of the Capitalocene within contemporary art? Can we consider the extractivism as a symbolic representation of this new kind of geological era? The aim of this paper is to answer these questions by tackling several contemporary art case studies useful to define a trajectory that focuses on the interplay between the landscape, environmental disasters and technological infrastructures. After a short introduction on the term Capitalocene and its success within contemporary art criticism, the article is made up by two thematic chapters devoted to establish a dialectic between the old minerary extractive methods and the current practices linked to the contemporary mining.

 

1. Presupposti terminologici: Antropocene versus Capitalocene

La frase riportata nel titolo è tratta da una dichiarazione di uno speaker della conferenza Ways Beyond Internet organizzata all’interno del Digital Life Design Festival del 2012, una delle rassegne più importanti al mondo dedicata al tema della creatività futura e all’impiego di nuove strategie commerciali per le grandi aziende e multinazionali. In quella cornice, durante una tavola rotonda moderata da Hans Ulrich Obrist – con vari artisti tra cui Rafaël Rozendaal, Oliver Laric, Cory Arcangel – Daniel Keller, fondatore del duo artistico AIDS-3D, ha preso la parola e, prima di intavolare un discorso sulla post-internet art, ha annunciato, con un misto di ironia e sarcasmo, che, per quanto possa essere sostenibile ed environmental-friendly, l’arte contemporanea – e più in generale la produzione culturale della contemporaneità – grava su un ineludibile paradosso; le GIF animate, le opere di net-art, per quanto sperimentali e all’avanguardia siano, esistono unicamente grazie a combustibili fossili e i computer, con cui in genere queste opere sono realizzate, sono stati assemblati da lavoratori schiavizzati dall’attuale sistema economico.[1] In altri termini: la produzione artistica contemporanea legata ai nuovi media e alle tecnologie, che talvolta fa affidamento alle criptovalute e ai processi di mining, benché spesso animata da un forte sostegno alla salvaguardia e alla tutela dell’ambiente, ha, e avrà sempre, un impatto non trascurabile in termini di etica, ecologia e coerenza produttiva.

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