Il biografo seleziona quanto gli serve a comporre una forma
che non assomigli a nessun’altra.
M. Schwob
Lo stralcio è tratto da un racconto scritto da Giovanni Papini apparso per la prima volta su La Riviera Ligure nel marzo del 1912, Il ritratto profetico: una narrazione a metà tra il fantastico e l’autobiografico inserita all’interno della prima sezione (‘Articoli vari’) che compone il volume Sull’arte e gli artisti, edito da Scalpendi con la curatela dello storico della critica d’arte Tommaso Casini. Il libro, che segue un criterio cronologico, raccoglie una serie piuttosto eterogenea (tanto per provenienza quanto per forma) di scritti pubblicati tra il 1903 e il 1957, dedicati ai maestri del Rinascimento (Leonardo, Leon Battista Alberti, Michelangelo), ad artisti contemporanei e ad amici (Soffici, Spadini, Viani, Picasso, Dalì, etc.) ma anche a questioni estetiche di ordine generale.
Sull’arte e gli artisti vede la luce insieme ad un altro testo, Papini e il “non finito” cinematografico, edito sempre da Scalpendi e curato da Casini, stavolta in collaborazione con Gianluca della Maggiore. I due lavori sono l’esito di un più vasto progetto di riscoperta di questo complesso e trascurato intellettuale affetto da un «dongiovannismo cerebrale»[2] che non poteva esimerlo dall’interessarsi diffusamente del polimorfico universo visuale tanto del suo passato che del suo presente. Prima tappa di questo rinnovato interesse casiniano era stata l’organizzazione del convegno tenutosi nell’ottobre del 2022 presso l’Università IULM di Milano, dal titolo Il visibile parlare. Giovanni Papini e le arti visive, i cui atti vengono oggi pubblicati dalla medesima casa editrice, contribuendo ad aggiungere un ulteriore tassello utile a ri-comporre il ritratto critico di una figura quanto mai centrale per il dibattito culturale dei primi decenni del Novecento italiano.