1. Le mani di Vittorini
Il 29 settembre 1945 viene pubblicato il primo numero del settimanale «Il Politecnico», edito da Einaudi e diretto da Elio Vittorini. Con una redazione formata da Franco Calamandrei, Franco Fortini, Vito Pandolfi, Stefano Terra e Albe Steiner come responsabile della grafica,[1] all’indomani della Liberazione la rivista lancia una proposta di rinnovamento che si articola lungo un ventaglio di temi estremamente eterogeneo. Aderendo ad una concezione enciclopedica di cultura, il periodico, con ardore di ‘manifesto squillante’ affisso ai muri,[2] insieme ai discorsi sulle correnti filosofiche e scientifiche, affronta i problemi sociali, economici e politici, orienta il gusto letterario, sia attraverso antologie ed estratti di autori affermati e di scrittori esordienti che per mezzo di scritti critici o di taglio informativo, si apre alla multimedialità inglobando discussioni e agili approfondimenti sulle arti figurative, sul teatro, sul cinema, sull’architettura. Questioni riguardanti la condizione delle donne, la riforma scolastica, la religione cattolica vengono così affiancate alle inchieste sulle grandi industrie italiane,[3] alle riflessioni sull’idealismo e il marxismo, ai cospicui suggerimenti di lettura, ai numerosi focus sulle arti visive, nonché ad un ampio e variegato corredo iconografico. La natura caleidoscopica dei testi si riflette sulle immagini presenti nel periodico, accogliendo fotografie, riproduzioni di quadri, disegni, incisioni, frame cinematografici, fumetti. Scardinando, inoltre, l’appiattimento nazionalistico caldeggiato dal regime, gli ambiti tematici restringono e dilatano costantemente la prospettiva d’indagine, spaziando da un’ottica regionale e attenta allo stato delle realtà particolari italiane a una internazionale; la Sicilia e la Puglia, dunque, come la Francia, l’Inghilterra, la Spagna, culla dell’antifascismo europeo e punto di partenza ideale per «Il Politecnico», ma anche gli Stati Uniti, l’U.R.S.S., la Cina.