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La dimensione visiva si impone come elemento dominante nell’economia di un romanzo come Qui pro quo, giallo divertissement dato alle stampe da Bufalino nel 1991 con un corredo di immagini concordato dall’autore insieme ad Elisabetta Sgarbi. Tali inserti iconografici, puntualmente riferiti a precisi luoghi del testo, non si rivelano affatto meri ornamenti illustrativi, ma risultano costantemente messi in relazione con la specifica attenzione alla sfera visuale che condiziona vistosamente le dinamiche narrative e semantiche dell’intero libro.

The visual dimension stands out as the prevailing element in the development of a novel such as Qui pro quo, a detective divertissement published by Bufalino in 1991, with a set of illustrations agreed by the author with Elisabetta Sgarbi. Such ichnographic inserts, accurately referred to specific places in the text, aren’t mere illustrative ornaments, but are always connected with the specific attention to the visual field which influences markedly the narrative and semantic dynamics of the whole book.

Qui pro quo, il giallo divertissement di Bufalino che fa il verso ad Agatha Christie, esce da Bompiani nel 1991, lo stesso anno in cui lo scrittore licenzia in edizione non venale Il Guerrin Meschino. Ad accomunare i due volumi è la presenza di illustrazioni a corredo del testo, ulteriore conferma dell’antico e sempre fitto dialogo intrattenuto dal professore di Comiso con le arti visive.[1]

Nella surreale detective story data alle stampe quell’anno, il ruolo delle immagini, ben al di là dell’intento decorativo e di ricostruzione di un’atmosfera cui esse rispondono nel Guerrin Meschino, si pone come strettamente correlato all’andamento della narrazione, in un sodalizio rimarcato dalle brevi citazioni dal testo che accompagnano, a mo’ di didascalia, quattordici delle quindici opere (con la sola eccezione di quella posta a chiusura del libro), scelte come supporto iconografico del romanzo.[2] Si tratta in realtà di una ristretta selezione rispetto alle numerose ipotesi prese in considerazione da Bufalino e documentate dalle carte preparatorie del volume,[3] testimoni di una originaria intenzione dell’autore ad arricchire ‘visivamente’ il suo Qui pro quo ancora più di quanto poi non dimostri l’esito finale.[4] Attestata dagli scartafacci di appunti è altresì l’idea di incrementare il corredo iconico anche con disegni, ritratti e fotografie di sconosciuti, nonché di associare ad ogni personaggio del libro il volto di un attore, «allo scopo di fornire al lettore qualche supporto visivo».[5]

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