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Abstract: ITA | ENG

Sul finire degli anni Settanta, mentre spettacolo e apprendimento continuavano ad essere presenti nel palinsesto televisivo, la tv italiana affiancò ad essi altri due cardini: quello dell’ospitalità e quello del commercio, dotati di uno stretto contatto con la quotidianità dello spettatore. Il ‘salotto’ e il ‘negozio’ rispetto allo schema di generi precedente non creano suddivisioni spaziali forti, anzi tendono a facilitare la compenetrazione fra chi agisce e chi assiste e ad allargare (Casetti, 1988). Il talk show risponde bene alle caratteristiche di un programma che consente di offrire e di rappresentare personaggi e storie molto diversi oltre a configurarsi come ‘salotto’ televisivo dove estendere racconti, discussioni e affabulazioni da poltrone o divani (Menduni, 2001). Si tratta di un nuovo modo di intendere lo spazio televisivo che le donne, ad esempio, hanno occupato anche per mettere in atto rivoluzioni più o meno sottili di svelamento della maschera sociale. Ma il problema della rappresentazione di genere resta.

At the end of the seventies, while entertainment and learning continued to be present in the television schedule, Italian TV added two other cornerstones: that of hospitality and that of commerce, with close contact with the viewer’s everyday life. The ‘living room’ and the ‘shop’ with respect to the previous genre scheme do not create strong spatial subdivisions, on the contrary they tend to facilitate the interpenetration between those who act and those who assist and to enlarge (Casetti, 1988). The talk show responds well to the characteristics of a program that allows to offer and represent very different characters and stories as well as being configured as a television ‘living room’ where stories, discussions and narratives can be extended from armchairs or sofas (Menduni, 2001). This is a new way of understanding the television space that women, for example, have also occupied to implement more or less subtle revolutions of revealing the social mask. But the problem of gender representation remains.

1. Parole parole parole

Sul finire degli anni Settanta, mentre spettacolo e apprendimento continuavano ad essere presenti nel palinsesto televisivo, anche in dosi rilevanti, la tv italiana – diretta verso quella che Umberto Eco definì nel 1983 «neotelevisione» – affiancò ad essi altri due cardini: quello dell’ospitalità e quello del commercio, dotati di uno stretto contatto con la quotidianità dello spettatore. Nascono e si sviluppano così trasmissioni costruite appositamente sulla messa in scena e sulla attivazione di questi due campi larghi: i talk show per la prima e le vendite promozionali e aste televisive per il secondo.

Il ‘salotto’ e il ‘negozio’, rispetto allo schema di generi precedente, non creano suddivisioni spaziali forti, anzi tendono a facilitare la compenetrazione fra chi agisce e chi assiste e ad allargare (Casetti 1998, pp. 39-61). Il genere risponde bene alle caratteristiche di un programma che consente di offrire e di rappresentare personaggi e storie molto diversi, oltre a configurarsi come ‘salotto’ televisivo dove estendere racconti, discussioni e affabulazioni da poltrone o divani.

Si tratta di un nuovo modo di intendere lo spazio televisivo che le donne, ad esempio, hanno occupato anche per mettere in atto rivoluzioni più o meno sottili di svelamento della maschera sociale, a partire dallo stereotipo dell’angelo del focolare.

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«Le sue feste sono affollatissime. Lei […] dirige le conversazioni con la sicurezza e la grazia di una madame du Deffand»: così ricorda Elio Pecora nel Libro degli amici (2017) gli incontri organizzati da Elsa de’ Giorgi presso la propria abitazione in via di Villa Ada a Roma nei primi anni Settanta. Ad incrociare le loro esistenze con quella dell’attrice-scrittrice nelle sue abitazioni, a partire dagli anni Trenta, sono stati numerosi esponenti della scena culturale, intellettuale e artistica italiana del Novecento, tra i quali Anna Magnani, Alberto Moravia, Aldo Palazzeschi, Pier Paolo Pasolini. A partire da questo dato biografico, il contributo propone un’analisi dei riflessi e della rielaborazione dell’immagine di de’ Giorgi come figura di salonnière rintracciabile nei testi autobiografici dell’autrice – ad esempio nei Coetanei (1955) – e nell’interpretazione del personaggio della signora Maggi nel film Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) di Pasolini.

«Le sue feste sono affollatissime. Lei […] dirige le conversazioni con la sicurezza e la grazia di una madame du Deffand»: this is how Elio Pecora remembers (Libro degli amici, 2017) the meetings organized in the early seventies by Elsa de’ Giorgi at her home in via di Villa Ada in Rome. Starting from the thirties, there were numerous exponents of the Italian cultural, intellectual and artistic scene of the twentieth century crossing their lives with the actress-writer in her homes, including Anna Magnani, Alberto Moravia, Aldo Palazzeschi, Pier Paolo Pasolini. Starting from this biographical data, the article proposes an analysis of the image of de’ Giorgi as a salonnière that can be traced in the autobiographical texts of the author – for example in I coetanei (1955) – and in the interpretation of the character of signora Maggi in Pasolini’s film Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975).

In un’indagine dedicata al rapporto tra Elsa de’ Giorgi e gli spazi domestici, ciò che immediatamente emerge in primo piano, ripercorrendo la biografia dell’autrice e la sua inesausta attività artistica e letteraria, è l’importanza del salotto come crocevia di incontri e luogo di una pratica mondana che ha caratterizzato l’esistenza della diva per un lungo arco di tempo. A partire dagli anni Quaranta e fino ai mesi che hanno preceduto la sua morte, avvenuta nel 1997, de’ Giorgi ha ospitato con cadenze regolari numerosi esponenti della scena culturale, intellettuale, artistica italiana del Novecento, tra i quali si annovera, solo per citare alcuni esempi, la presenza di Renato Guttuso, Carlo Levi, Anna Magnani, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini. Teatro degli scambi tra gli habitué del salotto culturale animato dalla carismatica personalità dell’attrice – dopo il trasferimento a Firenze in seguito al matrimonio, nel 1948, con Sandro Contini Bonacossi – è stata la casa romana di via di Villa Ada 4; indirizzo riportato anche nei bigliettini che de’ Giorgi donava agli amici. Fornito delle componenti materiali che hanno tradizionalmente adornato lo spazio fisico dei salons culturali, come la ricca biblioteca e il pianoforte (cfr. Palazzolo 1985, pp. 56-57), il salotto di quell’appartamento si conserva nel ricordo di un numero considerevole di amici; tra questi, Elio Pecora restituisce nel Libro degli amici l’immagine «di una grande sala, ricavata con l’abbattimento dei muri divisori di quattro stanze» (Pecora 2017, p. 100): di una camera, dunque, che sembra addirittura occupare l’intera abitazione e a cui si aggiungono, sempre come scenari di ritrovi periodici, la casa di via Ruggero Fauro, ai Parioli, abitata dalla diva prima dello spostamento a Firenze, e la villa di San Felice Circeo, sede di indimenticati soggiorni estivi.

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