1. Parole parole parole
Sul finire degli anni Settanta, mentre spettacolo e apprendimento continuavano ad essere presenti nel palinsesto televisivo, anche in dosi rilevanti, la tv italiana – diretta verso quella che Umberto Eco definì nel 1983 «neotelevisione» – affiancò ad essi altri due cardini: quello dell’ospitalità e quello del commercio, dotati di uno stretto contatto con la quotidianità dello spettatore. Nascono e si sviluppano così trasmissioni costruite appositamente sulla messa in scena e sulla attivazione di questi due campi larghi: i talk show per la prima e le vendite promozionali e aste televisive per il secondo.
Il ‘salotto’ e il ‘negozio’, rispetto allo schema di generi precedente, non creano suddivisioni spaziali forti, anzi tendono a facilitare la compenetrazione fra chi agisce e chi assiste e ad allargare (Casetti 1998, pp. 39-61). Il genere risponde bene alle caratteristiche di un programma che consente di offrire e di rappresentare personaggi e storie molto diversi, oltre a configurarsi come ‘salotto’ televisivo dove estendere racconti, discussioni e affabulazioni da poltrone o divani.
Si tratta di un nuovo modo di intendere lo spazio televisivo che le donne, ad esempio, hanno occupato anche per mettere in atto rivoluzioni più o meno sottili di svelamento della maschera sociale, a partire dallo stereotipo dell’angelo del focolare.