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  • [Smarginature] Pelle e pellicola. I corpi delle donne nel cinema italiano →

1. La metafora animale

Tutto il cinema di Ferreri può essere letto come una sorta di grande bestiario grottesco sulle disavventure del corpo nello scenario della contemporaneità; i suoi film sembrano illustrazioni quasi ‘fumettistiche’ (per la loro paradossalità e paradigmaticità) delle teorie sul potere biopolitico che Foucault elabora soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni settanta. I dispositivi economico-sociali-tecnologici-culturali vengono indicati come strumenti alla base dell’assoggettamento, della subordinazione e della disciplina dei corpi, senza distinzioni di genere. Per Ferreri le dinamiche della storia comportano l’allontanamento dell’essere umano dalla propria costituzione animale, la costrizione e la perdita progressiva della dimensione corporea, identificata come l’unico luogo autentico di una conoscenza strettamente connessa all’esperienza e al suo tessuto multiforme di materie, bisogni, desideri, sogni.

Nel configurare le devastazioni operate dalla storia sul corpo, l’autore rappresenta il soggetto maschile come un’entità instabile e disperata. Se, da una parte, l’uomo continua a forgiare il corpo della donna in quanto superficie di segni perfettamente rispondente all’esigenza di un controllo e di una dominazione – facendone di volta in volta una macchina feticistica, un manichino (Marcia nuziale, 1966), una cosa inerte (Dillinger è morto, 1969), un simulacro sostitutivo (I Love You, 1986), una carne di consumo (La carne, 1991) – dall’altra è anch’egli vittima del sistema che autorizza il suo ruolo di carnefice; è, in definitiva, un soggetto sopraffattore e allo stesso tempo sopraffatto dagli stessi dispositivi di relazioni e di dominio che tenta di amministrare.

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Critica della trasparenza. Letteratura e mito architettonico (Rosenberg & Sellier, Torino, 2016) costituisce una nuova tappa dell’interesse di lungo corso di Riccardo Donati per i visual studies. A differenza però di precedenti studi più specificatamente dedicati al rapporto tra parola e immagine, come il volume Nella palpebra interna. Percorsi novecenteschi tra poesia e arti della visione (Le Lettere, Firenze, 2014; recensito da Marialaura Di Nardo sul n. 4 di «Arabeschi»), in questo caso ad animare la ricerca è stato l’obiettivo, al crocevia di tematologia e storia delle idee, di ricostruire la storia del principio della ‘purovisibilità’ dalla metà dell’Ottocento in poi.

Il saggio è scandito in due sezioni – La società a venire e La società avvenuta –, in cui si ripercorre «il punto di vista di letterati, artisti, intellettuali» (p. 30) sui mutevoli rapporti tra il valore funzionale e il valore finzionale della trasparenza, ossia tra la funzione riconosciuta a un certo edificio trasparente e le proiezioni simbolico-culturali su di esso esercitate. Più in dettaglio, nel capitolo iniziale della prima e più corposa sezione, Dal sogno…, dedicato all’Ottocento, lo studioso fissa il punto di partenza del discorso nell’edificazione a Londra nel 1851 del Crystal Palace per la Great Exhibition, mostrando come nella sua struttura in ferro e vetro i modelli già settecenteschi della vetrina e della serra confluiscano in un riuso in chiave commerciale dell’immaginario romanzesco evocato dalla coltivazione di fiori e piante di origine esotica. Sin dalle prime manifestazioni architettoniche della trasparenza, cioè, soggiacciono ai criteri di funzionalità dei materiali utilizzati strategie di creazione del gusto e di persuasione all’acquisto che riconosciamo precorrere l’approccio immaginifico alle merci dell’odierna società dei consumi.

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Se si pensa che dopotutto un battello è un frammento di spazio galleggiante, un luogo senza luogo e che è affidato al contempo all’infinità del mare e che, di porto in porto, da una casa chiusa all’altra, si spinge fino alle colonie per cercare ciò che esse nascondono di più prezioso nei loro giardini, voi comprendete perché il battello è stato per la nostra cultura non solo il più grande strumento dello sviluppo economico, ma anche la riserva più grande dell’immaginazione. Il naviglio è l’eterotopia per eccellenza. Nelle civiltà senza battelli i sogni inaridiscono, lo spionaggio rimpiazza l’avventura, e la polizia i corsari.

Michael Foucault, Dits et Écrits

 

Nella Tempesta è il ‘terzo movimento’ del ciclo teatrale AnimalePolitico Project dei Motus, dopo The Plot is the revolution (2011) e W. 3Public Acts (2012).

Lo spettacolo, di matrice brechtiana e metateatrale, si struttura per cambi repentini di scena, a cui danno vita performers che si presentano sia con la loro stessa identità biografica (alcuni rivelando i loro reali nomi) che nelle spoglie dei personaggi shakespeariani, innescando un cortocircuito drammaturgico fra La tempesta di Sheakespeare e la rivisitazione postcoloniale di Aimé Césaire. I personaggi che danno vita alla scrittura scenica sono Ariel, spirito libero e scatenatore di azioni; la razzista Miranda che si scaglia contro lo straniero Calibano, the cannibal o X; l’albanese Glen (unico caso di coincidenza fra attore reale e personaggio fittizio); la feconda Power e lo sterile e tirannico the Master Prospero, impersonato da una rotante testa mobile led che, come Dio, dona e sottrae la luce a suo piacimento. Al centro dell’attenzione è la tragica condizione attuale del profugo animalizzato e reietto, esaminata nei suoi più brucianti e contraddittori aspetti sociali ed etico-politici. Lo spazio scenico è astratto e ricrea un’isola su cui approdare per assemblarvi fulminei ed effimeri frammenti di rappresentazione, composti e decomposti secondo un serrato ritmo narrativo. Sin da prima dello spettacolo, mentre alcuni attori ammassano le coperte ricevute, un quadrante proiettato su un pannello apre uno squarcio su quanto accade in simultanea nel foyer, opera di un’invisibile telecamera (correlativo esterno del sempre presente Prospero), con conseguente effetto straniante sullo spettatore. I lati del palco sono coperti da tendoni neri; in alto – sia a sinistra che a destra – c’è una coppia di proiettori, mentre al centro quattro coperte termiche riflettenti.

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