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Abstract: ITA | ENG

Il presente contributo intende ricostruire l’attività teatrale di Achille Perilli fra il 1961 e il 1965. In particolare, l’attenzione verrà posta su quelle azioni sceniche dove si utilizzano mobile, strutture cinetiche, proiezioni di collage, pittura astratta e giochi di luce; mise en scène nelle quali si associa la ricerca sul fronte visuale alla sperimentazione musicale elettronica e letteraria. Queste esperienze dei primi anni Sessanta vedono Perilli cimentarsi in spettacoli “astratti”intesi come balletti meccanici debitori delle esperienze d’avanguardia di inizio secolo.  L’analisi prenderà avvio dallo spettacolo Collage (Roma, Teatro Eliseo, 14-16 maggio 1961); per poi concentrarsi suprove dove l’intervento del pittore è ancora poco noto, come Teatro Gruppo 63 (Palermo, Sala Scarlatti, 3 ottobre 1963) e Por No (Roma, Teatro delle Orsoline, 7-23 maggio 1965).  Affrontare questi casi studio dei primi anni Sessanta significa fare emergere un quadro di relazioni fra i diversi settori della cultura italiana chiamati a dare il loro contributo alle sperimentazioni interdisciplinari da svolgersi nello spazio scenico. Ricostruire l’attività scenica di Perilli tra il 1960 e il 1965 nel suo complesso, e gli eventi interconnessi, permette così di delineare un quadro più ampio dove la neoavanguardia, dopo un lavoro teorico ed editoriale di recupero delle esperienze di inizio secolo, trova una possibilità di verifica nello spazio scenico delle soluzioni sinestetiche dell’avanguardia storica.

This contribution intends to reconstruct the theatrical activity of Achille Perilli between 1961 and 1965. In particular, the focus will be on those scenic actions where furniture, kinetic structures, collage projections, abstract painting and plays of light are used; mise en scène in which research on the visual front is associated with electronic and literary musical experimentation. These experiences of the early sixties see Perilli engage in “abstract” shows intended as mechanical ballets owed to the avant-garde experiences of the turn of the century. The analysis will start with the show Collage (Rome, Teatro Eliseo, May 14-16, 1961); and then continue with rehearsals where the painter's intervention is less known as Teatro Gruppo 63 (Palermo, Sala Scarlatti, 3 October 1963) and Por No (Rome, Teatro delle Orsoline, 7-23 May 1965). Tackling these case studies from the early 1960s means bringing out a picture of relations between the various sectors of Italian culture called upon to make their contribution to the experiments to be carried out in the stage space. Reconstructing Perilli’s stage activity between 1960 and 1965, and the interconnected events, thus allows us to outline a broader picture where the neo-avant-garde, after a theoretical and editorial work of recovering the experiences of the beginning of the century, finds a possibility of verification in the stage space of the synaesthetic solutions of the historical avant-garde.

1. Scenografia come azione e come programmazione

Quando alla fine del 1962 la rivista Sipario decide di realizzare un numero monografico dedicato alla Scenografia italiana d’oggi,[1] l’unico artista di ricerca coinvolto è Achille Perilli. Un mese prima dell’uscita, Franco Quadri, in quel momento caporedattore del periodico, scrive al pittore illustrandogli il progetto di questo numero speciale, che intendeva proporre una panoramica critica «di quello che in questi ultimi anni è stato fatto, soffermandosi in un esame delle correnti più vive e particolarmente sul rapporto tra scenografia e testo teatrale, tra scenografia e cultura italiana d’oggi».[2] Il critico, nelle righe successive, specifica come il piano della redazione sia quello di realizzare un’inchiesta tra gli scenografi italiani e, parallelamente, offrire una visione ad ampio raggio del fenomeno scenico dai punti di vista specifici rispettivamente di uno scrittore, un pittore, un regista, un attore e un architetto. Per quanto riguarda questa seconda sezione, la scelta del curatore del numero, Guido Ballo, cade proprio su Perilli perché già a quella data, come si afferma nella lettera di Quadri, è nota l’opera di ‘scenografo’ del pittore ed evidente la sua competenza in merito alla disciplina.[3]

Così accanto alle firme di Luigi Squarzina, Luigi Pestalozza, Giuseppe Bartolucci e Massimo Grillandi troviamo anche quella di Perilli, che presenta un testo programmatico dal titolo Scenografia come azione e come programmazione.[4] In realtà, alla fine del 1962 l’artista può annoverare fra le fila dei suoi lavori per il teatro solamente il balletto ‘astratto’ Collage,[5] realizzato insieme ad Aldo Clementi per l’Accademia Filarmonica Romana (Teatro Eliseo, Roma, dal 14 al 16 maggio 1961). Perché dunque coinvolgere un pittore che si era prestato alle scene in un’unica occasione? È chiaro che alla redazione, a Guido Ballo e a Fabio Mauri – allora direttore della sede romana di Bompiani, casa editrice della rivista – sia nota non soltanto la prova scenica all’Eliseo, ma soprattutto il lavoro svolto dal pittore fino a quel momento in particolare sul fronte teorico. Il testo del 1962, difatti, si presenta come una lucida sistematizzazione da parte di Perilli del ruolo del pittore all’interno del ‘nuovo Teatro’, inteso non come una rappresentazione di un testo da recitare, bensì come «sintesi di varie forme espressive delle quali la parola non sia esclusivamente la determinante dell’azione».[6] Il teatro viene affrontato dall’artista come un’arte spiccatamente visiva, un luogo dove i diversi linguaggi si incontrano sotto l’egida di un comune sperimentalismo e alla ricerca di un coinvolgimento multisensoriale dello spettatore. Proprio su quest’ultimo si concentrano gli sforzi del ‘teatro dei pittori’.

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  • Arabeschi n. 15→
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Protagonisti della Nuova Figurazione in Italia, Achille Perilli e Gastone Novelli intrecciano stretti rapporti di collaborazione con gli scrittori del Gruppo 63, in particolare, con Elio Pagliarani, Alfredo Giuliani e Giorgio Manganelli, cui sono legati da una profonda amicizia e da una forte consonanza di intenti culturali. In questo contributo vengono rintracciate le affinità esistenti al livello delle poetiche tra i cinque autori a partire da alcune significative testimonianze della loro collaborazione, come la fondazione della rivista Grammatica, alcune pubblicazioni collettive, le “illustrazioni” ai testi letterari degli amici scrittori da parte di Perilli e Novelli e i testi critici o di poesia dedicati da Giuliani, Pagliarani e Manganelli alle opere dei due artisti. Dall’analisi delle opere emergono i particolari criteri che definiscono le modalità di interrelazione tra arte figurativa e letteratura stabilite dagli autori, assieme ad alcuni aspetti inediti sul rapporto tra le tendenze nate in reazione all’Informale e la letteratura della Neoavanguardia.

Achille Perilli and Gastone Novelli, protagonists of the so called ‘New Figuration’ in Italy, weave close collaborative relationships with the writers of Group 63, in particular, with Elio Pagliarani, Alfredo Giuliani and Giorgio Manganelli, to whom they are linked by a deep friendship and a strong consonance of cultural intent. In this article, the affinities at the level of poetics among the five authors are traced starting from some significant proves of their collaboration, such as the foundation of the review Grammatica, some collective publications, the “illustrations” to the literary texts of the writers friends by Perilli and Novelli and the critical or poetry texts dedicated by Giuliani, Pagliarani and Manganelli to the works of the two artists. The particular criteria that define the modalities of interrelation between figurative art and literature established by the authors emerges from the analysis of the works, together with some new aspects of the relationship between the tendencies born in reaction to the Informel and the literature of the Neo-vanguard.

 

Sintomo e riflesso di una traumatica condizione storica, l’Informale, denunciando l’esaurimento delle forme della rappresentazione, si fa interprete di un momento di crisi dell’intero sistema artistico, che investirà anche la letteratura italiana, in tutta evidenza, con l’avvento delle poetiche elaborate dai Novissimi. Una marcata corrispondenza rispetto all’Informale sembra infatti connotare la poesia ‘novissima’ nel suo programma di decostruzione delle forme tradizionali del verso.[1] Tuttavia, al momento dell’edizione della nota antologia del ’61, con l’intervento di Sanguineti ‘Poesia Informale?’ accolto al suo interno, viene invero prospettata una strategia di superamento delle questioni poste dall’Informale, collocando i Novissimi in una posizione postuma rispetto ad esso e assimilandone la poetica alle pratiche pittoriche ricadute sotto il nome di Nuova Figurazione. Se nel suo intervento Sanguineti indica la strada per una riprogettazione della forma poetica e la necessità di un recupero della capacità, in sostanza, di ‘dire qualcosa’, a partire tuttavia dall’informe[2] – una fuoriuscita dalla ‘palude’ dell’Informale, ma con le ‘mani sporche di fango’ – similmente, la Nuova Figurazione si pone come il tentativo di rinnovare la facoltà comunicativa del segno pittorico dopo le derive dell’Informale, rielaborandone la lezione e mantenendosi a distanza da qualunque ritorno al mimetismo.

In diverse occasioni la critica ha già approfondito la posizione di Sanguineti rispetto all’Informale e alla Nuova Figurazione, focalizzandosi sui rapporti dell’autore con il gruppo dei Nucleari e con Enrico Baj in particolare;[3] rimangono tuttavia meno indagate le collaborazioni, assieme alle relazioni a livello delle poetiche, istauratesi tra gli artisti della Nuova Figurazione italiana e altri membri del nascituro Gruppo 63, che pure appaiono consistenti a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta.

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