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  • Barbablù. Il mito al crocevia delle arti e delle letterature →

 

Sia nella versione originale di Charles Perrault che in quella successiva dei fratelli Grimm il racconto di Barbablù ci mette almeno due volte di fronte all’irrevocabile, inteso, con Vladimir Jankélévitch, come «un passé qui ne peut pas être nihilisé» (Jankélévitch, p. 260), (un passato che non può essere ridotto a nulla). Barbablù ha commesso una serie di uxoricidi che non possono essere cancellati. Anche se i corpi sono nascosti in una camera bassa e chiusa a chiave, «l’avoir eu lieu» (l’aver avuto luogo) e «l’avoir fait (fecisse)» (l’aver fatto) segnano un crimine che nulla può cancellare.

Anche l’ultima sposa di Barbablù commette una trasgressione indelebile: disobbedisce al divieto del marito e apre la stanza proibita. È stata presa una decisione e la soglia è stata superata, in un momento che si configura come decisivo perché ormai ‘il dado è tratto’. È il momento dell’implacabile irrevocabilità che porta all’esclusione definitiva: l’uccisione. Eppure la moglie di Barbablù non ha commesso un crimine, al contrario mostra i crimini commessi da suo marito, ma tale rivelazione è una trasgressione. Qualunque interpretazione si voglia dare della disobbedienza della moglie di Barbablù, letterale o simbolica, il suo atto è irrevocabile: la donna non può più tornare indietro e «absentéiser une présence» (Jankélévitch, p. 265), (revocare una presenza). Ha visto l’insopportabile e diviene testimone dell’orrore dei corpi appesi al muro. Il suo atto, come quello delle donne che l’hanno preceduta e che ha portato agli omicidi seriali, è irrevocabile, ma, a differenza delle altre che sono morte, lei metterà in atto un processo di sospensione dell’irrevocabile. Prendendo tempo allontana l’inesorabile, temporeggia, differisce l’irrevocabile. Per dirla con Derrida, usa la polisemia della differenza, che significa allo stesso tempo differire (procrastinare, temporeggiare) e divergere (istituire un divario). Chiamando i fratelli in suo soccorso, disponendo alla vedetta la sorella, chiama l’altro e impedisce allo stesso di riprodursi. Innesca una nemesi, che invece di causare la sua morte causerà la sua riabilitazione. La moglie trama, e facendo ciò cambia la trama del racconto.

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The story Lichen by Alice Munro revolves around the description of a photograph. The revelation of the photographed subject is prepared with great suspense: a women’s torso with open legs and genitals in view, which recalls the famous painting, L’origine du Monde, made by Gustave Courbet in 1866 for the Turkish ambassador Khalil Bey and lately owned by Jacques Lacan. The photograph is the fetish object which David, a mature man reluctant to accept ageing, shows to his ex wife Stella, in search for provocation and perhaps a liberation from his obsession with young lovers that he keeps on changing. Stella does not see in the picture the body fragment of a provocative young woman but the fur of a poor animal without its head, or more poignantly a bush of lichen. The photograph left in Stella’s house fades because of the sunlight coming through the window and when she later finds it again a full metamorphosis seems to have occurred: it has become a grey spot, with no recognizable outlines, a bush of lichen. Her words have come true. The photograph works as the trigger of the plot and reflects the desire dynamics between women and men, but it conveys also the faith in writing as a way of seeing through, of seeing more. Perfectly disguised in the plot of the novel, L’origine du Monde is the core of the narrative interplay Munro builds up between desire, words, imagination, reality and the essence of a work of art.

Tengo le fotografie non per quello che mostrano ma per quello che vi è nascosto

Margaret Laurence, I rabdomanti

Nel racconto Lichen, incluso nella raccolta The Progress of Love,[1] Alice Munro mette in scena un repertorio di personaggi e di dinamiche relazionali piuttosto tipico della sua produzione narrativa: una coppia di ex coniugi, Stella e David, lei vitale anche se non più attraente d’aspetto, lui impegnato a ricacciare lo scorrere degli anni con fidanzate effimere e sempre più giovani; un vecchio padre ricoverato in una casa di cura; Catherine, una delle vittime dell’insaziabile quanto disperato istinto predatorio di David; sullo sfondo, chiamata in causa attraverso una fotografia, che ne ritrae solo il pube, e una telefonata alla quale non risponde, Dina, la studentessa con cui David vorrebbe sostituire la non più giovanissima Catherine.[2]

L’ambientazione rurale, lungo le rive di un lago, completa il quadro di questa middle station of life canadese con la quale Alice Munro ci ha da tempo familiarizzato, attraverso una produzione di racconti che costituisce un vasto insieme di variazioni sui temi del rapporto femminile/maschile, dell’autodeterminazione verso l’ethos comunitario, delle apparenze rispetto alle verità individuali, delle mistificazioni-rivelazioni della memoria.[3] I personaggi e le situazioni raccontate da Munro nel loro essere ordinarie, nel loro essere scelte non perché eccezionali ma comuni, in che cosa ripongono la capacità di attrazione e di coinvolgimento per il lettore, al di là di una generica immedesimazione in vite caratterizzate, come quelle di molte donne del ceto medio occidentale da almeno due secoli a questa parte da un matrimonio o da un mancato matrimonio, da una parabola di emancipazione, da un tradimento, da un segreto legato a un’eredità, a un torto fatto o subito? Con quali mezzi, di trama e di stile, la scrittrice riesce a sviluppare empatia e interesse?

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