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La lotta consiste nel fatto che il tiratore mira a se stesso – eppure non a se stesso – e così è insieme miratore e bersaglio, colui che colpisce e colui che è colpito.

E. Herrigel


 

Sono dodici le interviste che compongono il volume Vedere è tutto. Interviste e conversazioni (1951-1998), omaggio a Cartier-Bresson, edito recentemente da Contrasto a cura di Julie Jones e Clément Chéroux in occasione della più grande retrospettiva mai dedicata al fotografo francese dal Centre Pompidou di Parigi, curata dallo stesso Chéroux che ne dirige il Dipartimento di Fotografia e ancora per pochi giorni a Roma al Museo dell’Ara Pacis.

I testi abbracciano ben mezzo secolo di vita e di carriera dell’artista consentendo di rintracciare la sostanziale continuità, etica ed estetica, che ne ha guidato le scelte, scaturendo questa non tanto da una riflessione sistematica quanto da un’istintiva coerenza nei confronti dei propri princìpi, dalla fedeltà di uno sguardo a se stesso. Le parole di Bresson tuttavia ci restituiscono un’immagine di uomo e di artista niente affatto statica ed etichettabile, le cui scelte e i cui interessi appaiono come il frutto dell’entusiasmo di uno sguardo di volta in volta appagato dai diversi mezzi d’espressione visiva, uno sguardo spettatore e testimone di un mondo attraversato da grandi cambiamenti, i quali hanno inevitabilmente influenzato (in modo negativo secondo Bresson) sia il mestiere del fotografo sia la fruizione delle immagini da parte del pubblico.

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