Nel 2021 si è celebrato il 60° anniversario della nota azienda marchigiana di cucine e arredi per la casa Scavolini, fondata da Valter Scavolini insieme al fratello Elvino. Nel 1961 esce il primo modello progettato dallo studio Vuesse (dalle iniziali del fondatore): una credenza buffet denominata Svedese. La descrizione di quel primo design, riportata nella biografia del suo creatore, inaugura quello che sarà il motivo portante della comunicazione del marchio fino ai giorni nostri, la sovrapposizione fra donna e cucina: «I cassetti presentano un piacevole decoro costituito dalle stesse maniglie: una specie di raffica di fulmini che scaldano il cuore altrimenti algido della Svedese. Le gambe sono alte e asciutte, la struttura semplice e razionale: svedese, appunto» (Masia 2021, pp. 36-37).
Il marchio Scavolini nasce in pieno boom economico. Sono anni di cambiamento per la «cucina italiana, intesa come luogo fisico e come pratica di alimentazione» (Scarpellini 2013, p. 11): crescono i consumi di prodotti industriali, anche grazie alla diffusione di elettrodomestici che ne consentono una più lunga conservazione – in primis il frigorifero, passato dalle 18.500 unità del 1951 alle 3.2 milioni del 1967 (Ginsborg 1990, p. 215). Negli anni Sessanta la pubblicità di questi nuovi beni presenta un fenomeno interessante da un punto di vista di genere. La donna – sempre rappresentata come moglie – diventa il soggetto-target della comunicazione commerciale, che non la interpella più (solo) in qualità di massaia e angelo del focolare, ma nel suo nuovo ruolo di protagonista della modernità, detentrice delle competenze necessarie a indirizzare l’acquisto di questo o quel prodotto, di cui sarà lei a fare uso (Fullwood 2015). Ne deriva quella che Enrica Asquer (2007) definisce «professionalizzazione della figura della casalinga» che, mentre riafferma la tradizionale ripartizione di genere dei ruoli domestici, lo fa attingendo ad un repertorio simbolico della modernità più in linea con la nascente società dei consumi.