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Dario Fo, premio Nobel per la letteratura nel 1997, se n’è andato lo scorso 13 ottobre, proprio nel giorno in cui veniva assegnata l’onorificenza per l'edizione 2016. La rivista Arabeschi attraverso la recensione del volume Il teatro a disegni di Dario Fo con Franca Rame vuole ricordare il rapporto teatro-pittura che contraddistingue, in un continuo gioco di rimandi, l’itinerario poliedrico e creativo di Fo, capace di inventare una lingua per ogni Arte.

Il bel volume edito da Scalpendi nel 2016, Il teatro a disegni di Dario Fo con Franca Rame, documenta e analizza un aspetto importante e innovativo del lavoro artistico di Dario Fo: la progettazione degli spettacoli teatrali e televisivi mediante sequenze di disegni che riguardano anche le situazioni sceniche e le azioni dei personaggi. Una sorta di storyboard, un canovaccio visivo, che racconta lo sviluppo drammaturgico dei suoi spettacoli e che serve per costruire il testo teatrale. Il volume presenta un ricco corredo iconografico e scientifico: le bellissime foto di scena, dello studio meneghino e non solo, i contributi di Franco Marrocco, Jacopo Fo, Stefano Benni, oltre che di Marisa Pizza (responsabile dell’Archivio Franca Rame - Dario Fo) e del regista e drammaturgo Andrea Balzola, e si offre pertanto come un viaggio appassionante all’interno del mondo dell’autore. Tra i materiali di accompagnamento si segnala anche un video che presenta un montaggio tra il dialogo insieme a Rame con Balzola, una lezione-performance artistica a Brera, un dialogo con Benni nella grande mostra al Palazzo Reale, il dettaglio dei bozzetti e i brani degli spettacoli corrispondenti, e due contributi sulla dimensione sonora e musicale dell’atto scenico contenuta nei disegni (Roberto Favaro) e sul lavoro della Sartoria Pia Rame per la realizzazione dei costumi teatrali dai bozzetti di Fo (Sara Mancinelli).

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Pochi anni dopo i mirabili inserti manieristi della Ricotta (1963), Pasolini giunge con La Terra vista dalla Luna (1967) alla sua prima pellicola interamente a colori. Terzo capitolo del film a episodi Le streghe, a cui collaborarono anche Luchino Visconti, Mauro Bolognini, Franco Rossi e Vittorio de Sica, La Terra vista dalla Luna è una delle opere cinematografiche di Pasolini maggiormente innervate dalla ricerca – e dalla messa in scena di tale ricerca – di una continua traslazione di significato da un sistema di segni a un altro. La stessa sceneggiatura testimonia tale aspetto. Forma testuale di per sé ancipite, che Pasolini intende anche più in generale come struttura autonoma e insieme allusiva rispetto a un altro medium, la sceneggiatura è conservata, infatti, anche in una versione a fumetti (quasi che il rapporto tra film e colore avesse bisogno, nuovamente, di essere filtrato attraverso un ulteriore mezzo espressivo coerente con il contesto dell’opera: qui il fumetto, nella Ricotta il dipinto). Una nota premessa alla seconda redazione dattiloscritta della sceneggiatura precisa del resto che il testo va letto pensando «alle ‘comiche’ di Charlot o Ridolini, o ai fumetti di Paperino». Queste tavole a colori, create da Pasolini «ripescando certe sue rozze qualità di pittore abbandonate», presentano a loro volta uno statuto ibrido: rifacimento parziale della sceneggiatura in cui vengono precisati dialoghi e didascalie, esse costituiscono al contempo anche un abbozzo di storyboard per la prima parte del film, una sequenza di appunti visivi per la caratterizzazione, alla maniera di Fellini, di sfondi e personaggi, e un fumetto vero e proprio. La sperimentazione del fumetto, anzi, aveva assunto per Pasolini un carattere di autonomia tale da indurlo a progettare – come attesta una lettera a Livio Garzanti del gennaio 1967 – un nuovo esito narrativo, anch’esso compiuto e insieme transitorio rispetto all’orizzonte della trasposizione filmica:

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