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A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, il tema del corpo ha assunto una posizione centrale nella produzione artistica contemporanea. In tale contesto e tra le diverse discipline anche le tecnologie audiovisive elettroniche hanno contribuito allo sviluppo della rappresentazione del corpo, inizialmente attraverso la documentazione di eventi performativi e incoraggiando pratiche di autoriflessività e, successivamente, grazie allo sviluppo di una grammatica di effetti analogici prima e di una sintassi digitale poi, elaborando una riformulazione genetico-strutturale della fisicità umana come risposta a una problematizzazione dello statuto del soggetto. L’uso creativo del linguaggio elettronico ha così consentito una ricerca basata sulle infrazioni della mimesi e della verosimiglianza, affermando autonomia e indipendenza nella rappresentazione di possibili mondi creativi, utopici. In ambito italiano, Alessandro Amaducci ha sviluppato una intensa ricerca sulla rappresentazione del corpo, in particolare quello femminile, delineando possibili forme de “l’altro” che di fatto popolano un universo “altrove”, fantastico. Adottando alcune prospettive teoriche che spaziano dalle teorie letterarie agli studi psicoanalitici, il saggio vuole evidenziare come l’opera di Amaducci dia vita a figure che mettono in discussione il concetto stesso di identità, attraverso processi di trasformazione che avvengono tra moltiplicazioni, anomalie e trasgressioni.

Starting from the 1960’s, the body theme gained a central position in the contemporary art production. In this context and between the various disciplines, electronic audiovisual technologies have also contributed to the development of body representation: at the beginning documenting performing events and encouraging self-reflexive practices and, therefore, thanks to the development of a grammar of analogue effects and of a digital syntax, by elaborating a genetic-structural reformulation of human physicality as a response to a problematization of the subject's status. The creative use of electronic language has allowed a research based on the violation of mimesis and verisimilitude, asserting autonomy and independence in the representation of possible creative and utopian worlds. In the Italian context, Alessandro Amaducci has developed an intense research into the representation of the body, especially the feminine, outlining possible forms of "the other" that in fact crowd a universe "elsewhere", fantastic. By adopting some theoretical perspectives ranging from literary theories to psychoanalytic studies, this essay wishes to highlight how Amaducci's work gives life to figures that question the very concept of identity through processes of transformation occurring between multiplication, anomalies and transgressions.

 

 

1. Una premessa storica, tra attenzione per il corpo e avvento delle tecnologie audiovisive

In epoca recente e, con maggiore precisione, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, il tema del corpo si è imposto come centrale nella ricerca artistica contemporanea, declinato in una varietà di prospettive di analisi che si sono andate espandendo anche seguendo il ritmo degli sviluppi delle tecnologie audiovisive.

Se da un lato questo tema ha attraversato trasversalmente epoche e discipline, riconfermando il corpo come soggetto d’indagine privilegiato delle pratiche ritrattistiche e autoritrattisiche,[1] col tempo si è passati dalla fissità della contemplazione e della rappresentazione alla concezione di una presenza attiva in performance ed happening, momenti spettacolari fondamentali per la Ê»mostrazioneʼ/esibizione del sé e l’incontro con lo spettatore. In tal senso il movimento Fluxus, fautore di una concezione dell’arte che avrebbe dovuto legarsi maggiormente con la vita quotidiana, non per mettere ordine nel mondo, ma per suggerire «metodi di aggregazione capaci di sviluppare processi di conoscenza interna ed esterna, interiore ed esteriore»,[2] ha messo in primo piano il corpo dell’artista nella strutturazione degli eventi, rendendolo protagonista con la sua libertà fisica nella rottura delle gestualità di routine, attraverso la manifestazione di una fisicità a-funzionale e a-logica, tesa a farsi tramite con le sfere dell’inconscio e a innescare una modificazione delle coscienze a partire dall’esperienza del quotidiano.

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The paper focuses on the use of images within Carlo Dossi’s works. Dossi’s images work as a guarantee of natural representation (εἰκών) as well as a medium that embodies ideas (εἶδος). This phenomenon is linked both to the problem of writing and to the problem of reading. By using samples from different kinds of works, such as private letters, zibaldone (Note azzurre), essays (preface to La desinenza in A) and novels (L’altrieri, Vita di Alberto Pisani), the author aims at describing the main features of the images (especially of the satirical ones) and at identifying their functions in literary communication. Moreover, the paper shows the pivotal role that images play within texts and their relationship with Dossi’s humorous poetics. The double status of images may not necessarily be considered (or at least not only) as a contradiction, but rather, as a form of balance.

La prosa di Carlo Dossi è formicolante di immagini di varia natura.[1] Nella stragrande maggioranza dei suoi testi,[2] sia letterari che saggistici, e non solo nei passi descrittivi, l’espressione figurativa ha nettamente il sopravvento sull’espressione concettuale. Ecco, a mo’ d’esempio, una frase di Dossi tratta da una lettera al suo amico Luigi Perelli: «avverti che i bozzettini che t’inviai e quelli che t’invierò, siccome fan parte di un racconto grosso, il quale sta cucinando, così màncano ancor di due o tre puliture e dell’ultima lima».[3] L’asserzione concettuale (nella fattispecie, l’incompiutezza dei bozzetti inviati a Perelli) viene corredata da una o più immagini in grado di conferirle incisività: qui, le metafore della cottura e della lima.

Tuttavia, scopo della scrittura non è la rappresentazione, la narrazione nel senso dell’ut pictura poesis oraziano, bensí la trasmissione di messaggi al lettore. Dossi vuole soprattutto esprimere le proprie idee, opinioni, i propri sentimenti, umori, con un gusto evidente per il modo di farlo, ossia per lo stile personalissimo e figurativissimo, appunto. Paradossalmente, il discorso viene sviluppato tramite delle immagini anziché tramite degli enunciati astratti. «Le immagini che costituiscono delle forze psichiche primarie sono più forti delle idee e delle esperienze reali»[4] sostiene Gaston Bachelard. Difatti, per via dell’immediatezza della rappresentazione iconica nel cervello, l’immagine è dotata di una evidenza di cui è privo il mero concetto. Dossi impiega allora la forza eidetica dell’immagine in modo conativo. Le sue immagini intendono convincere, come evidenziano i frequenti richiami al lettore, dall’incompiuto romanzo giovanile Letterata e beghina (1866) all’ultimo libro Amori (1887).[5] Le immagini dossiane sono dunque più discorsive che narrative, sono più vicine all’εἶδος (immagine mentale) che non all’εἰκών (immagine riflessa).

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