Non Narciso, lo specchio
brilla nel verdecupo
prato della mia morta
fanciullezza di lupo…
Pier Paolo Pasolini
Core stava guardando il narciso.
Guardava il guardare.
Charles SimiÄ
1. «Così mi sarei innamorato solo dei suoi occhi»
Con queste parole Federico Zeri, tra i più celebri critici d’arte italiani, traccia un ritratto per verba di Pier Paolo Pasolini, un ritratto in soggettiva ove la parzialità e la contraddittorietà delle percezioni sensoriali (l’udito, il tatto) sono sintetizzate nella visione unitaria «di una bellissima statua greca in bronzo caduta da un autotreno, sull’autostrada e ammaccata». L’ekphrasis di Zeri, interamente fondata sul registro dell’antitesi, cerca di restituire l’enigma del volto pasoliniano (inteso quale sineddoche dell’uomo e dell’artista) attraverso la densità semantica dell’immagine conclusiva, esito dell’incontro perturbante tra le rovine di una bellezza classica e la modernità che le degrada.
L’ammaccatura citata da Zeri, fuor di metafora, potrebbe peraltro riferirsi a quello che è il dettaglio fisiognomico più caratteristico e connotante del ‘volto-icona’ pasoliniano: gli zigomi sporgenti. Segno iconografico che si è scelto di utilizzare in questa prima parte quale traccia, insieme visuale ed ermeneutica, per dipanare il filo di un discorso che intreccia i ‘ritratti-ricordi’ altrui agli autoritratti giovanili (scritti e dipinti) per giungere, nell’ultimo paragrafo, a indagare alcune reinterpretazioni contemporanee di quelli che sono ormai divenuti un volto e un corpo simbolici e perciò riutilizzabili, soggetti a variazioni e alle più disparate forme di appropriazione.