Paolo Benvenuti (Pisa, 1946) ha una formazione pittorica e si avvicina al cinema nella seconda metà degli anni Sessanta attraverso la frequentazione di seminari dedicati al cinema d’avanguardia, all’underground e a Roberto Rossellini. Nei primi anni Settanta segue sui loro set prima Rossellini e poi Jean-Marie Straub, i quali, in modo diverso, segneranno la sua rigorosa e coerente concezione di cinema. Sempre in quel giro di anni Benvenuti comincia a girare i primi documentari, tra cui Del Monte pisano (1971) e Medea, un Maggio di Pietro Frediani (1972), che rimangono testimonianze importanti di un recupero della cultura contadina come depositaria di moduli recitativi e narrativi che influenzeranno molti dei suoi lavori a venire. Nel 1974 è la volta del lungometraggio Frammento di cronaca volgare, incentrato sull’assedio di Pisa da parte dei fiorentini dal 1494 al 1509. Benvenuti comincia qui il suo lavoro sulle fonti documentarie che costituiscono la base di partenza della gran parte dei suoi film, ma Frammento di cronaca volgare risente eccessivamente del magistero straubiano e Benvenuti attraverserà un momento di crisi che si risolverà qualche anno dopo con il notevole corto Il cartapestaio, nel quale il regista si emancipa dai suoi modelli e chiarifica la sua idea di cinema.

Dopo altre prove documentarie, nel 1988, alla Settimana della Critica della Mostra del cinema di Venezia, Benvenuti presenta il lungometraggio Il bacio di Giuda, film dall’andamento ieratico e solenne che trae spunto dal libro di Mario Brelich L’opera del tradimento, nel quale viene riconsiderata sotto altra luce la figura di Giuda Iscariota. Il film scatenerà enormi polemiche che ne renderanno difficile la distribuzione. Quattro anni dopo è la volta di Confortorio, che racconta di come i padri dell’Arciconfraternita di San Giovanni Decollato tentarono di convertire due ebrei condannati a morte per furto con scasso. Il film, caratterizzato da scelte cromatiche e luministiche che rendono alla perfezione il senso del tormento, vincerà il Premio della Giuria dei Giovani al Festival di Locarno e il Gran Premio della Giuria al Festival di Montpellier. Nel 1996 esce Tiburzi, elegia dedicata alla mitica figura dell’omonimo bandito maremmano, mentre nel 2000 Gostanza da Libbiano – messa in scena degli atti processuali relativi al processo per stregoneria di Monna Gostanza – vince il Gran Premio della Giuria al Festival di Locarno. Nel 2003 porta in concorso alla Mostra di Venezia Segreti di Stato, che getta nuova luce sui fatti relativi alla strage di Portella della Ginestra e dà forma filmica a parte delle meticolose ricerche compiute da Danilo Dolci intorno a quella vicenda. Il film è una sorta di impegno preso da Benvenuti nei confronti di Dolci stesso, cui è dedicato. A Venezia Benvenuti tornerà nel 2008 con Puccini e la fanciulla, evento speciale fuori concorso. Il film, privo di dialoghi e tutto giocato su sperimentazioni contrappuntistiche di musica e rumori, ripresenta la tragica storia di Doria Manfredi, la servetta di casa Puccini morta in circostanze misteriose. Anni di ricerche hanno portato Benvenuti e i suoi collaboratori a compiere scoperte straordinarie che hanno cambiato anche la storia biografica di Giacomo Puccini. Attualmente, Paolo Benvenuti sta lavorando ad un progetto sul Caravaggio.

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The long relationship between Paolo Benvenuti and Virgilio Fantuzzi is the story of a fascinating confrontation between a filmmaker and a film critic who comes from widely different cultures and hold apparently opposite ideas on religion. Nonetheless, even if from different sides, they have been able to meet on the common ground of narrative ethics and intellectual rigor through which they basically ask the same question to a movie. This paper reconstructs the phases of such a relationship and analyzes Benvenuti’s feature films as the possible point of convergence between these different sensibilities

I miei rapporti personali con Paolo Benvenuti hanno inizio con una lite furibonda. Avevo visto e rivisto Il bacio di Giuda, film che esercitava su di me uno strano fascino, ma che si presentava come un enigma del quale non riuscivo a trovare la soluzione. Lui a Pisa, io a Roma, ci incontravamo di tanto in tanto in quel periodo, sempre per riprendere il solito, interminabile battibecco. Io pensavo, e mi sbagliavo, che la soluzione dell’enigma avrebbe dovuto fornirmela lui. Ma le nostre discussioni, che culminavano inevitabilmente con l’affermazione cocciuta, da entrambe le parti, di verità apodittiche, reciprocamente inconciliabili, non mi consentivano di pervenire a una conclusione accettabile.

1. Una fede diversa

Secondo Paolo, Gesù, protagonista del suo primo lungometraggio, che, per modestia, cede all’antagonista l’onore del titolo, non è un personaggio storico, ma metastorico. Da sacerdote e gesuita come sono, ritenevo che fosse mio dovere sostenere nelle nostre discussioni esattamente il contrario. Nulla togliendo alla dimensione metastorica del personaggio Gesù, che è assolutamente evidente, il fatto che Cristo debordi, come ogni cristiano sa, dai limiti della storia per farsi contemporaneo (nei secoli e nei millenni) di tutti coloro che in lui credono e a lui si affidano, non esclude che, quando era vivo in quel lembo di terra che si chiama Palestina, dentro la storia ci sia stato, e come! «Crucifixus – sono parole del Credo – sub Pontio Pilato passus et sepultus est». Muro contro muro. Il confronto finiva lì.

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