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  • [Smarginature] Vaghe stelle. Attrici del/nel cinema italiano →

Ci sono attrici che non sono esclusivamente volti prestati al ruolo che devono interpretare, o corpi Ê»possedutiʼ dal personaggio. Ci sono, infatti, attrici che plasmano e creano i personaggi, che forgiano attraverso la propria personalità figure e percorsi narrativi. In questi casi la vita privata e le idee politiche accompagnano anche le forme del racconto, e configurano dei nuovi rapporti fra attrici e personaggi.

Uno di questi casi è rappresentato dalla personalità emancipata di Daria Nicolodi, attrice e sceneggiatrice che ha segnato un’intera epoca nel cinema thriller e horror italiano. Fiorentina di nascita, figlia di un avvocato partigiano, cresce in un ambiente saturo d’arte: suo nonno era il musicista e compositore Alfredo Casella e la nonna materna Yvonne Muller Loeb Casella era una pianista francese, amica di Jean Cocteau e appassionata di occultismo.

Daria Nicolodi comincia la sua carriera a teatro: appare nell’Orlando furioso diretto da Luca Ronconi, nella versione di Edoardo Sanguineti con scenografia di Uberto Bertacca, uno spettacolo sperimentale che riscuote ampio successo nazionale e sancisce il debutto dell’attrice sulle scene italiane. Sarà poi il piccolo schermo a lanciarla ufficialmente: esordisce in televisione con un programma di varietà in quattro puntate diretto da Vito Molinari, Babau (1970), sceneggiato dal trasgressivo e irriverente attore e autore teatrale Paolo Poli e dalla scrittrice Ida Omboni. La trasmissione si proponeva come una sorta di indagine sui cliché e i difetti dell’italiano medio, per scardinare i tabù culturali legati alla famiglia tradizionale (il cosiddetto Ê»mammismoʼ), i ruoli sociali (arrivismo), le élites culturali egemoniche (intellettualismo). Questo programma televisivo anticonformista ed istrionico non sarà trasmesso dalla RAI se non diversi anni dopo, nel 1976, poiché i suoi contenuti all’epoca erano considerati inadeguati agli standard dell’intrattenimento televisivo delle reti pubbliche. Babau è dunque una prima palestra all’emancipazione artistica e culturale della giovane attrice, che ne apprezza l’originalità e la verve.

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