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Mauro Cicarè, Le avventure del gigante Morgante, Castiglione del Lago (PG), Edizioni Di, 2012

 

Posta a raffronto con la cospicua tradizione iconografica dell’Orlando furioso, e ancor più con il favore accordato sul piano delle illustrazioni, delle trasposizioni a fumetti e persino delle versioni cinematografiche a un romanzo cavalleresco di vivace fortuna ma di minor prestigio ‘istituzionale’ come il Guerrin Meschino di Andrea da Barberino, la ricezione visiva del Morgante di Luigi Pulci appare, nel corso del Novecento, alquanto modesta. Mentre infatti nel solo versante fumettistico l’itinerario esotico e avventuroso del Meschino ispira gli episodi di Cesare Solini e Mario Zampini per gli ‘Albi della fantasia’ delle Edizioni Alpe (1942), l’adattamento di Domenico Natoli per il «Corriere dei Piccoli» (1959), nonché rifacimenti parodici (Paperin Meschino di Martina e De Vita per Disney, 1958) ed erotici (per la serie Sexy favole, 1973), le gesta del gigante pulciano vengono riprese con una certa ampiezza soltanto da Gian Luigi Bonelli e Rino Albertarelli, in uno spin-off in tre episodi dell’Orlando da loro stessi realizzato nel 1943 per gli albi Audace (fig. 1). Le avventure del gigante Morgante, pubblicate da Mauro Cicarè nel 2012, costituiscono perciò un rilevante tentativo non soltanto di fornire una ‘traduzione’ aggiornata dell’universo narrativo di Pulci nel linguaggio dei comics, ma anche, e soprattutto, di attribuire all’eroe eponimo e alle sue imprese un’autonomia di segno in grado di renderne immediatamente percepibile la divaricazione rispetto a quella sorta di koiné visiva che, pur con fulgide eccezioni, impronta l’immaginario fumettistico dei paladini. Alla ricerca di un gioco alla pari con l’ipotesto poematico, Cicarè riscrive infatti le imprese di Morgante attraverso l’accentuazione di alcuni tratti stilistici sviluppati nel corso della sua prolifica attività di autore di fumetti, pittore, illustratore di classici antichi e moderni (fra cui i poemi omerici e il Don Chisciotte, il Furioso e la Liberata, oltre a capolavori novecenteschi come Il codice di Perelà, La coscienza di Zeno, Il pasticciaccio gaddiano, Il visconte dimezzato, Il partigiano Johnny e Horcynus Orca). In una sorta di consanguineità elettiva, le maschere surreali del suo noir a fumetti Fuori di testa! (apparso per la prima volta nel 1991 su «Il Grifo» e ristampato integralmente nel 2013) e le fisionomie malinconiche del racconto in bianco e nero Quasi (2001) traspaiono negli ideali antenati carolingi ritratti nelle Avventure, resi anch’essi partecipi di quell’umanità folle, esuberante e lunatica che Cicarè riconosce entro l’orizzonte di un poema che proprio dall’invidia incontenibile di Gano e dal furor di Orlando prende avvio. Le sembianze dei paladini e dei ‘pagani’ rivelano l’impellenza di sentimenti assoluti, l’accumulo di affetti sfumati, e tradiscono una pienezza emotiva che dilata le linee dei contorni e rende irrequieta la sovrapposizione delle figure negli spazi, tanto da far apparire le vignette  non di rado troppo anguste per contenerle interamente (fig. 2). Lontano dalla caricatura ‘pulita’ dell’eroicomico di Magnus (La compagnia della forca, o in ambito propriamente cavalleresco l’inserto ariostesco di Alan Ford n. 15, Colpo di fulmine) o dell’epos parodico ‘ricantato’ da Pino Zac (L’Orlando furioso), Cicarè riesce a trovare in tal modo un appropriato corrispettivo grafico per la peculiare dismisura poetica del poema: la specifica intonazione letteraria del Morgante viene così ricalcata attraverso l’enfatizzata sproporzione delle figure, la concitazione degli scontri (fig. 3), i dettagli di superfici scabre.

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