Ci sono due Pasolini, sostiene Ascanio Celestini in una recente intervista:[1] quello che è stato ammazzato nel ’75, e che fino a quella data ha continuato a esprimersi pubblicamente; poi c’è un secondo Pasolini, con tutto quello che gli facciamo dire noi dal ’75 in avanti. È questo ‘secondo Pasolini’ che il centro universitario DAMSLab – La Soffitta di Bologna, incardinato nel Dipartimento delle Arti, ha convocato lungo il corso del centenario del 2022, attraverso una teoria di eventi multidisciplinari come è sua consuetudine (convegni, incontri, proiezioni, letture, spettacoli fra cinema, arti visive, sociologia, teatro). In questo contributo ci occupiamo, scendendo a ritroso dalla più recente a quella che ha aperto l’anno, di alcune proposte teatrali che sono state capaci di ampliare la portata del ‘secondo Pasolini’ con il precipuo obiettivo di riportare nel presente qualcosa del ‘primo’, pensando in particolare a chi oggi sta crescendo e studiando.
Nella parte finale del 2022 si sono svolti alcuni importanti convegni, come P.P.P. in danza, sull’eredità vivente di Pasolini nella coreografia italiana (13 dicembre, a cura di Elena Cervellati) e Pasolini, l’UNESCO e la marginalità dei luoghi (17-18 novembre, a cura di Matteo Paoletti). Il ricco programma di Pasolini Giornalista, convegno a cura di Gerardo Guccini e Stefano Casi (23-24 ottobre) ha invece interrogato da diverse prospettive disciplinari la dimensione giornalistica nelle opere del poeta. Incastonato fra primo e secondo giorno, Corpo eretico di Marco Baliani è una prova di lettura e oralità: si tratta di una lettera inviata da Baliani a Pasolini, letta in pubblico per la prima volta, così che noi spettatori diveniamo testimoni di una prova d’attore e delle potenzialità della parola scritta in un contesto pubblico. Baliani si presenta con una pila di fogli, ci sono tre blocchetti che leggerà riga per riga, mettendo la pagina appena letta sotto all’ultima, e così fino al termine impilandole in un leggio. Una lettera rivolta a «Pa’» da Marco, giovane delle borgate che stava crescendo nella stessa Roma di Pasolini, una scrittura che è certamente una lettera d’amore inviata a chi gli ha insegnato a guardare il mondo, ma soprattutto è un confronto che sfiora l’invettiva perché Pasolini non aveva voluto capire i giovani di allora, fra i quali c’era anche lui, Marco Baliani.