The time of images has got a neurological and psychic frame, every time different and related both to the expressive aim of the author and to the aesthetic aims and what else of the work. This issue tries to analyze Dario Marzola’s short films, whose formal density is the opportunity for a consideration on the borderline between cinema and neurology. From the unraveling pictures, some steady and ultimate elements of Marzola’s esthetics come out: wisdom of the light, both in wide-open spaces and in film set; the ability to turn a whatever human relationship into the archaic magic of memory and fears; the spacetime of a stream of consciousness which tries to go over prosopagnosia and is called to the need of form. A refined eros, in the end, spreads all over the here discussed works.

Il tempo delle immagini ha una struttura neurologica e psichica ogni volta diversa e funzionale sia alle intenzioni espressive dell’autore sia agli obiettivi – estetici e teoretici – dell’opera. I corti di Dario Marzola[1] lo dimostrano. Essi costituiscono infatti una testimonianza artistica e scientifica che dà conto dei volti (alla lettera) che la memoria può assumere, del suo scorrere ora come un fiume luminoso e sereno ora invece del tramutarsi in incubo, urlo, paura.

1. Coscienza e memoria

Ben lontana dal costituire una serie di fotogrammi statici, la coscienza somiglia a un film che proietta con grande velocità le immagini e i dati percettivi creando in tal modo la varietà e la ricchezza della vita consapevole. In questo senso, la temporalità umana scaturisce immediatamente dal flusso di percezioni corporee che identifica il Sé e gli offre stabilità pur nel velocissimo coacervo delle trasformazioni che ristrutturano continuamente l’io nei suoi rapporti con l’ambiente. Se la coscienza è la manifestazione fondamentale della nostra persona e del nostro esserci nel mondo, è perché essa dà un senso al flusso temporale. Coscienza e memoria sono infatti due espressioni diverse della stessa identità profonda che fa di un umano una parte di mondo consapevole di sé. Essere coscienti significa ricordare. Dalla congiunzione di tempo e memoria nasce anche la capacità di formulare astrazioni e di farlo in un modo immediatamente linguistico. La struttura della mente linguistica, e dunque anche estetica, è del tutto temporale e corporea. A parlare è sempre il corpo. Il nesso fondamentale è pertanto quello tra il cervello, il corpo e il Sé, in quanto senza un senso del Sé non si dànno ricordi e il Sé è costituito dall’insieme della memoria corporea, cioè dall’insieme di eventi che non solo i neuroni ma l’intera corporeità ha percepito, ha registrato, a cui ha reagito. Anche per questo un ‘cervello nella vasca’ non potrebbe elaborare pensiero alcuno, poiché è l’intero corpo che recepisce ed elabora i dati provenienti dall’ambiente. Lo spazio nasce dal corpo isotropo poiché il corpomente che siamo è per ciascuno di noi il centro del mondo, dello spazio e del tempo. È da esso che si dipartono i luoghi e le loro distanze, il tempo con le sue memorie e le attese. Il corpomente consiste in una dinamica simile a quella che vediamo quando lanciamo un sasso sull’acqua: dal punto in cui esso cade si originano dei cerchi concentrici che si ampliano sempre più. Questi cerchi sono lo spaziotempo di ciascuno di noi. La struttura della coscienza è pertanto composta da ricordi semanticamente densi il cui fluire plasma il Sé nell’articolazione di passato, presente e futuro; configurazioni temporali che trovano la loro unitarietà nella corporeità vivente e vissuta.[2]

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