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Emilio Vedova, Sei incisioni per l’Ariosto, con un testo di Giuseppe Marchiori, Venezia, Edizioni Grafica, 1970-1974

Con ogni probabilità un osservatore abituato non solo alle tradizionali edizioni illustrate ma anche alle figurazioni meno immediatamente leggibili fiorite nel Novecento intorno al testo del Furioso resterà comunque disorientato di fronte al lavoro di Emilio Vedova. Le Sei incisioni per l’Ariosto sono infatti le visualizzazioni più spiccatamente non-figurative tra quelle oggi rintracciabili nelle bibliografie e nei cataloghi. Si tratta del resto di lavori tipici della poetica dell’artista, che intrattiene con gli episodi scelti dal poema un dialogo condotto nell’idioletto tecnico e visivo dell’illustratore: bianco e nero, espressione affidata a un segnismo assoluto e trasmissione fedele del gesto originario sulla carta attraverso lastre lavorate direttamente. Le ispirazioni delle acqueforti sembrano selezionate proprio per consentire alla tecnica dell’artista di manifestarsi senza freni nella sua più peculiare autenticità: si tratta infatti di soggetti in cui il dinamismo frenetico delle forme vedoviane è giustificato dalla lettera delle ottave. Rodomonte e Orlando sono còlti all’apice delle rispettive follie, il primo bestialmente intento a far strage di cristiani e il secondo abbandonato ai più turpi eccessi; Ruggiero, invece, nell’atto di suonare il corno «per non udir più d’atti e di parole / dilazïon, ma far la lite corta» (OF, XXX, 44, 5-6) e lanciarsi all’assalto di Mandricardo. Tutte le immagini, realizzate attraverso l’espressionismo antirealistico ma non esclusivamente astratto di Vedova, interrogano direttamente l’osservatore aprendosi all’interpretazione delle loro linee dense e impetuose: in quella ispirata al canto xxiv sembra ad esempio di poter riconoscere la fisionomia scomposta dell’eroe impazzito, le cui braccia – individuate da un tratto grasso, rapido e profondamente inciso – sono sollevate contro l’intuibile sfondo di un villaggio, forse intente a stroncare il corpo del pastore, forse a brandirlo contro gli altri villani. Un’incisione è poi dedicata a Biserta, il teatro del formidabile assalto, che davvero somiglia a un «mar che per tempesta freme» (OF, XL, 29, 1); un’altra al Tempo, «che d’ogni cervio è più veloce assai» (OF, XXXV, 11, 4), il cui gesto forsennato di gettare nell’oblio i nomi degli uomini scomparsi – materializzati da Ariosto mediante l’allegoria delle piastrelle scaricate nel Lete e avvolte dalle sabbie – sembra replicato da quello violento e rapido dell’artista sulla lastra. A chiudere il breve ciclo una rappresentazione del senno di Orlando, l’unica in cui con tanta evidenza il bianco prevalga sul nero e l’unica in cui le campiture non sembrino seguire direttrici orientate ma richiamino piuttosto alla mente i fendenti del dripping, ammorbiditi dalla distanza tra la mano dell’artista e lo schermo che subisce l’impressione. La serie, tutta improntata alla matericità e al caos, è dunque coronata dall’immagine mercuriale e inafferrabile della sostanza che manca in tutti gli altri episodi citati e che in effetti è descritta dal poeta «come un liquor suttile e molle, / atto a esalar, se non si tien ben chiuso» (OF, XXXIV, 83, 1-2). La maestria di Vedova nella calcografia, sviluppata per decenni collaborando con stampatori mitologici come Renzo Romero e Corrado Albicocco, consente alle sei acqueforti di riprodurre in serie la spontanea azione che l’artista ha trasferito sulla matrice e di conservare, al contempo, la fisionomia propria della sua pittura, a quell’altezza già da tempo informale ma non per questo puramente lirica. Resta difficile capire l’occasione del ciclo che, sebbene sia stato esposto alla mostra ferrarese dedicata al centenario di Ariosto, è datato 1970-1974 presso la fondazione veneziana dedicata all’artista. Se davvero l’opera risalisse a prima del ’74, anno che ha innescato i lavori sul Furioso di diversi autori invitati a contribuire alla collettiva a Palazzo dei Diamanti, si tratterebbe dell’unica cartella d’artista del decennio ingenerata da un autonomo interesse per i soggetti ariosteschi.

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