La morte è forse altro
che questo
entrare in uno schermo
Carlo Bordini, I sogni
Se sopra è il Cielo […] e sotto è già l'Inferno, dov'è la terra?
Gabriele Frasca, Dai cancelli d'acciaio
1. Sono schermi, solo schermi
Difficile censire il numero esatto di schermi presenti in Dai cancelli d’acciaio, terzo romanzo di Gabriele Frasca, apparso a fascicoli nel 2004 e poi riproposto in volume nel 2011: siamo certo ben oltre le settanta unità, il che, considerata anche la presenza di lettori mp3, smartphone e altro, ne fa un buon candidato al titolo di testo narrativo con la maggior incidenza di congegni audiovisivi nella storia della letteratura italiana. In realtà tutta l’opera multimediale di Frasca, dagli esordi fino al videodramma Nei molti mondi (2014), presenta miriadi di schermi sia reali sia metaforici, entro un raffinato gioco linguistico dove il vocabolo oscilla tra il suo significato tradizionalmente letterario (penso all'accezione medievale, cortese, del termine ‘schermo’, nel senso di diaframma) e quello corrente riferito agli apparecchi che consentono differenti esperienze di fruizione, dalla spettatorialità cinematografica a quella televisiva, fino alle pratiche videoludiche. Tuttavia la compresenza di più media, ciascuno dei quali gioca un ruolo decisivo nel romanzo, anche a livello diegetico, qualifica senz’altro Dai cancelli d’acciaio come l’opera dove Frasca ha affrontato in modo più articolato e volutamente ambiguo il tema dello schermo quale dispositivo di visione e occultamento;[1] non solo, ma la centralità della questione è come ribattuta e sottolineata dalle immagini del duo artistico napoletano Cyop&Kaf, che intervallano con ritmo ternario i quindici capitoli del romanzo, non tanto illustrandolo quanto interpretandone figurativamente alcuni aspetti salienti.