Questa creazione di Mor Shani – giovanissimo coreografo israeliano freelance residente in Olanda – viene presentata in prima nazionale al festival della nuova scena tra teatro e danza che vede coinvolti i comuni di Castiglioncello, Rosignano Solvay e Livorno dal 27 giugno al 7 luglio 2013. Si tratta di una produzione olandese di quarantacinque minuti circa, strutturalmente suddivisa in due parti con epilogo, almeno dal punto di vista tematico e visivo, dato che non esiste alcuna scansione temporale dichiarata.

Nella prima parte dello spettacolo, i performer, due uomini e una donna (Pawel Konior, Majon Van Der Schout, David Vossen), vestiti con colorati abiti quotidiani, si muovono da una figura chiusa a una disposizione aperta, passando attraverso distanze e ritorni che segnano immaginarie linee orizzontali e diagonali sulla scena. Nella seconda parte i vestiti sono gradualmente eliminati, partendo non casualmente dal basso – dalle scarpe – fino a lasciare tre corpi nudi, affaticati, sudati per lo sforzo e lontani tra loro. Il primo avvicinamento avviene fra l’uomo e la donna, avvinghiati in un abbraccio che li fa carambolare a terra, con un movimento elicoidale ripetuto più volte: difficile stare inequilibrio – tema della sedicesima edizione del festival dedicato proprio all’instabilità e al rischio – quando dalla lotta individuale per l’indipendenza si passa al sostenersi a vicenda.

I corpi ‘instabili’ mostrati sulla scena da Mor Shani raccontano un percorso: dalla solitudine della crescita alla grazia dell’offerta reciproca. E su questo tema verte anche il dialogo fra una madre e un figlio, che le parole di David Grossman, proiettate sul fondale bianco, illustrano allo spettatore. Affiancando un codice verbale narrativo a uno corporeo rappresentativo si racconta dunque, in maniera duplice, una storia, ma i due codici tendono a sovrapporsi e a confondersi. Il testo, proiettato con intervalli lenti e quasi in controtempo rispetto all’omogenea piattaforma sonora di Van Keulen che scandisce i movimenti dei corpi, diventa esso stesso, infatti, rappresentazione visiva.

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